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Botero, classicità e memoria del Sud America. A Verona oltre 50 opere del maestro colombiano


VERONA - Dalla rivisitazione dei 'Coniugi Arnolfini' o della 'Fornarina' ai celebri nudi e alle nature morte, la produzione di Fernando Botero è al centro di una grande mostra allestita dal 21 ottobre al 25 febbraio a Verona, negli spazi di Amo-Palazzo Forti. Esposte oltre 50 opere, in grado di sintetizzare il lungo percorso creativo del maestro colombiano, che quest'anno ha festeggiato con una serie di rassegne il suo ottantacinquesimo compleanno e il mezzo secolo di carriera. Intitolata semplicemente 'Botero', l'importante esposizione è una co-produzione del Gruppo Arthemisia e MondoMostre Skira, mentre la curatela è stata affidata a Rudy Chiappini, che in stretta collaborazione con l'artista ha messo a punto una straordinaria selezione di capolavori, dagli esordi agli ultimi decenni.
I corpi smisurati, le atmosfere fiabesche e fantastiche dell'America Latina, l'esuberanza delle forme e dei colori, l'ironia e la nostalgia: la pittura di Botero non sta dentro un genere, pur esprimendosi attraverso la figurazione, ma ne inventa uno proprio e autonomo. Proprio attorno ad esso il maestro, nel corso del tempo, ha saputo quindi sviluppare e far crescere una poetica capace di abbracciare e trasformare qualunque suggestione, dalle tradizioni, antiche e moderne, del Sud America agli influssi dell'arte classica europea, ben conosciuti e metabolizzati da Botero sia nella tecnica pittorica sia nella composizione della scena e infine in certi soggetti. Senza mai però rinunciare alla sua personalissima cifra. Suddivisa in una decina di sezioni, la mostra veronese parte degli esordi, quando per Botero il primario riferimento è costituito dalla grande arte precolombiana e dal barocco coloniale, oltre ovviamente alla pittura muralista messicana assai nota anche in Colombia.
Ispirato da Orozco, Rivera e Siqueiros, il suo obiettivo è ridestare lo spirito delle origini e della storia. L'universo dell'arte di Botero è però assai più complesso di ciò che appare, come testimoniano opere quali i 'Coniugi Arnolfini', 'Fornarina, aprés Raffaello' e 'Cristo crocifisso', vale a dire le versioni rivisitate da antichi maestri. Uno degli elementi caratterizzanti della sua pittura consiste infatti nella capacità di coniugare mirabilmente quella cultura latino-americana delle origini, alimentata dall'iperbole e dal gusto del fantastico, con la civiltà visiva occidentale, in particolare Giotto, Piero della Francesca, Leonardo, Mantegna, Velazquez, Goya, studiati nei viaggi compiuti negli anni '50. A questi maestri si aggiungeranno nei decenni successivi Durer e Rubens, Manet e Cezanne. E se il percorso espositivo lascia largo spazio alle nature morte, ispirate in gran parte proprio alla produzione del maestro post-impressionista, uno dei centri della rassegna sono i famosi nudi, in cui Botero raggiunge un perfetto equilibrio tra le forme, i concetti e le nostalgie. Le forme devono conquistare armonicamente gli spazi e i concetti trovano l'opportuna traduzione nei risultati espressi sulla tela. La nostalgia poi costituisce un mirabile valore aggiunto, perché trasferisce il clima favolistico delle vicende narrate nel sogno perduto dell'infanzia, magico recupero di un paesaggio smarrito. Basti pensare alla naturale sensualità di 'Donna seduta', opera del 1997, che si presenta in tutta la sua elegante opulenza o alla protagonista de 'Il bagno' (2002), le cui matronali fattezze riempiono di luce carnale lo spazio angusto.
ansa

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