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Biennale. Il Padiglione Vaticano a Venezia: l’arte intreccia cultura e società

 
Calle di ingresso, Padiglione della Santa Sede presso la casa di reclusione femminile Venezia-Giudecca - Marco Cremascoli, 2024

La visita di papa Francesco a Venezia del prossimo 28 aprile «sarà un momento storico». Infatti sarà il primo Pontefice a visitare la Biennale. E questo «dimostra chiaramente la volontà della Chiesa di consolidare un dialogo fecondo e ravvicinato con il mondo delle arti e della cultura». Lo ha ribadito con forza e argomenti il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’educazione, presentando ieri in sala stampa vaticana il Padiglione della Santa Sede alla prossima Biennale di Venezia, sul tema “Con i miei occhi”, visitabile dal 20 aprile al 24 novembre su appuntamento. «Non è un caso - ha fatto notare il porporato portoghese - che la Santa Sede abbia scelto di presentare il suo padiglione alla Biennale di Venezia – nell’anno in cui questa celebra la sua sessantesima edizione – in un luogo apparentemente inaspettato, come lo può essere il Carcere femminile dell’Isola della Giudecca».

E «non è certo un caso che il titolo del padiglione, “Con i miei occhi”, voglia focalizzare la nostra attenzione sull’importanza di come, responsabilmente, concepiamo, esprimiamo e costruiamo il nostro convivere sociale, culturale e spirituale». Infatti «viviamo in un’epoca, marcata dal predominio del digitale e dal trionfo delle tecnologie di comunicazione a distanza, che propongono uno sguardo umano sempre più differito e indiretto, correndo il rischio che esso rimanga distaccato dalla realtà stessa». Così la contemporaneità «preferisce metaforizzare lo sguardo», invece «vedere con i propri occhi conferisce alla visione uno statuto unico, poiché ci coinvolge direttamente nella realtà e ci rende non spettatori, ma testimoni».

Ed è proprio questo è ciò che «accomuna l’esperienza religiosa con l’esperienza artistica», difatti «nessuna delle due smette di valorizzare l’implicazione totale e anticonformista del soggetto». Il cardinale de Mendonça a questo proposito ha sottolineato che l’anno in cui la Biennale Arte celebra il suo sessantesimo anniversario segna anche i 60 anni dalla prima esibizione del film Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini, proiettato per la prima volta a Venezia. E lo ha fatto con un richiamo alla consonanza tra i temi pasoliniani e il tema della misericordia, a partire dal capitolo 25 del Vangelo di Matteo, «uno dei testi biblici più commentati da Papa Francesco e che possiamo certamente associare alle linee portanti del Suo pontificato».

A questo proposito il porporato ha rimarcato che le opere di misericordia «non sono temi teorici», ma «testimonianze concrete», che «obbligano a rimboccarsi le maniche per alleviare la sofferenza». «A noi, dunque, - ha spiegato - è richiesto di rimanere vigili come sentinelle, perché non accada che, davanti alle povertà prodotte dalla cultura del benessere, lo sguardo dei cristiani si indebolisca e diventi incapace di mirare». E questo vale anche per gli artisti. Da qui la scelta del luogo che ospiterà il Padiglione vaticano. Luogo del tutto eccezionale e «apparentemente inaspettato»: il Carcere femminile dell’Isola della Giudecca. Idea nata dall’esigenza di tradurre nella pratica le parole del Papa, a partire soprattutto dal suo Discorso agli artisti, pronunciato il 23 giugno scorso nella Cappella Sistina, dove li invitava a non dimenticare i poveri, chi vive condizioni di vita durissime, che non hanno voce per farsi sentire e quindi invitandoli a «farvi interpreti del loro grido silenzioso». Tra questi i carcerati.

Nel corso della conferenza stampa il cardinale de Mendonça ha rivelato che quando ha mostrato a papa Francesco il progetto del padiglione, Francesco - prendendo spunto dal tema scelto - gli ha risposto: «Andrò anche io con i miei occhi». Il prefetto del Dicastero per la Cultura ha poi ringraziato le «autorità italiane per la loro indispensabile collaborazione», e «in particolare» il ministero della Giustizia nella persona del capo dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria nazionale, Giovanni Russo. Ringraziamento esteso ai curatori Bruno Racine e Chiara Parisi, «che formano una squadra straordinaria che, ne sono certo, elaborerà una proposta ispiratrice». Quindi il grazie a «coloro che stanno collaborando alla realizzazione del padiglione: COR architetti, e in particolare l’Architetto Roberto Cremascoli». E poi ha espresso gratitudine al «principale partner», la banca Intesa-San Paolo. Ed infine il grazie al Patriarcato di Venezia guidato da monsignor Francesco Moraglia, «con il quale intrattengo una stretta ed amichevole collaborazione». Alla conferenza stampa hanno partecipato Russo, i curatori Racine e Parisi, e Paolo Maria Vittorio Grandi, Chief Governance Officer di Intesa Sanpaolo.

«Il carcere è un luogo inaspettato, ma dove l’attesa è una condizione permanente», ha detto il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia. «Il nostro compito – ha proseguito Russo descrivendo l’emozione provata alla notizia della visita di Francesco, primo papa a visitare la Biennale – è quello di aiutare i detenuti, in questo caso le detenute, a ricostruire il proprio vissuto dopo gli errori che, per svariate ragioni, sono stati compiuti nella loro vita precedente. Le detenute sono state chiamate non solo ad ospitare, ma anche a collaborare attivamente alla costruzione del Padiglione, e ciò ha avuto un importante ruolo riparativo, un modo per vivere in concreto la generosità, la solidarietà, e tutti quei valori che sono tipici del cristianesimo e che loro nella loro vita passata avevano per ragioni diverse calpestato».

Per Bruno Racine «trovare un luogo che sia già in sé un messaggio» è stata la prima sfida che si è dovuta raccogliere per il Padiglione della Santa Sede, allestito alla Giudecca che prima di essere un carcere è stato il Convento delle Convertite, e oggi è «il luogo simbolico di una proposta artistica, ma anche relazionale» tra artisti e detenute, a cui il visitatore potrà accedere lungo un percorso guidato dalle detenute stesse. E questa «sarà un’esperienza per gli artisti, le detenuti e i visitatori, che dovranno capire che attraversano un confine, in sintonia con il tema generale della Biennale, “Stranieri ovunque”». Da parte sua Chiara Parisi, che intervistiamo in questa pagina, ha parlato della «doppia creatività» degli artisti e delle detenute, che ha portato frutti come un docufilm girato nel carcere, a cui hanno partecipato una ventina di detenute, ed opere ispirate alle foto di famiglia delle recluse o a poesie scritte da loro.

Tra gli artisti che animano lo spazio della Biennale allestito dalla Santa Sede c’è anche Maurizio Cattelan, che 25 anni dopo la sua opera esposta sempre qui alla Biennale del 1999, dal titolo Mother, realizzerà un’altra opera ispirata alla figura materna. Nel 1999 l'opera di Cattelan La Nona Ora, provocatoria statua raffigurante Giovanni Paolo II colpito da un meteorite, aveva suscitato critiche e imbarazzi nel mondo cattolico. «Quella di Cattelan - ha spiegato Parisi - non è un arte provocatoria, lui lavora sui tabù, è molto malinconico e ha una diffidenza per cui mai accetta inviti e invece ha detto sì in modo spontaneo». «Una poetessa europea ha scritto che “l’iconoclasta ricostruisce l’icona”», ha commentato il cardinale de Mendonça. «A volte - ha precisato - interrogativi che possiamo in un primo momento giudicare come radicali sono modi di ricostruire la visione del sacro, e questo fa parte dell’incontro della Chiesa con il mondo artistico, le sue categorie, le sue logiche». Perché – ha puntualizzato – «non è che la Chiesa si aspetti che gli artisti siano cassa di risonanza immediata dei suoi valori e delle sue idee, un dialogo è polifonia, incontro nell’inatteso, ma un vero incontro».

Oltre a Cattelan gli altri artisti coinvolti sono Bintou Dembélé, Simone Fattal, Claire Fontaine, Sonia Gomes, Corita Kent, Marco Perego & Zoe Saldana, Claire Tabouret. Tranne Corita Kent, scomparsa nel 1986, tutti saranno a Venezia per curare e allestire le proprie opere. «Gli artisti sono toccati dall’estrema disponibilità di papa Francesco», ha testimoniato Parisi, precisando che sono ottanta le detenute che a titolo volontario collaborano con l’allestimento del Padiglione e fanno da guida ai visitatori. «Sicuramente si apriranno per loro molti benefici penitenziari», ha assicurato Russo, spiegando che la selezione delle detenute è stata fatta con la direzione del carcere e che si è registrata «una grandissima adesione, con alcune esclusioni solo per motivi sanitari o di sicurezza».

avvenire.it

Pisa celebra nascita Galileo con cinque giorni di eventi

 

Cinque giorni di iniziative per rendere omaggio a Galileo Galilei. Dal 15 al 20 febbraio la città di Pisa celebra la giornata in cui lo scienziato nacque, nel 1564, con un ricco programma di eventi curato da Comune, Soprintendenza, Direzione regionale musei della Toscana, Museo Nazionale di Palazzo Reale, Normale, Archivio di Stato, Università di Pisa, Museo degli Strumenti di Fisica-Ludoteca Scientifica (Sistema Museale di Ateneo), Museo della Grafica, Ego – Osservatorio Gravitazionale Europeo, in collaborazione con altre associazioni del territorio.

“Le giornate galileiane – sottolinea l’assessore al Turismo, Paolo Pesciatini – iniziate nel 2019 ogni anno aumentano il numero delle iniziative, assumendo oltre al carattere di divulgazione e trasferimento delle conoscenze, quello di attrazione turistica. Quest’anno ricorrono i 460 anni dalla nascita di Galileo. Il programma è ricchissimo e comprende osservazioni astronomiche dalla torre del Cantone e dalle Mura, esperimenti galileiani, laboratori, itinerari ludici e Lego in Logge dei Banchi, incontri alla Gipsoteca, mostre all’Archivio di Stato, concerti dedicati alla musica del tempo e alle opere del padre Vincenzo e performance teatrali di quadri viventi che coinvolgono i musei cittadini. Questi ultimi realizzati da ‘Tableaux Vivants’ e dedicati alla figura di Artemisia Gentileschi, figlia del pisano Orazio: prima donna ammessa nel 1616 all’Accademia delle Arti e del disegno di cui era membro anche Galileo dal 1613 con il quale instaurò una corrispondenza epistolare”.

travelnostop.com

La nona edizione di “Cultura a porte aperte” partirà sabato 23 e domenica 24 Settembre 2023, in occasione delle Giornate europee del patrimonio culturale

Il programma prevede l’apertura straordinaria di monasteri, chiese, pievi, santuari e musei che fanno parte del circuito di “Città e Cattedrali”, un piano di valorizzazione di circa 600 luoghi d’arte sacra organizzati in itinerari geografici e tematici, fruibili in Piemonte e Valle d’Aosta, ideato da Fondazione CRT e dalla Consulta per i Beni Culturali Ecclesiastici del Piemonte e della Valle d’Aosta.

La Diocesi di Novara con l’Ufficio Beni Culturali aderisce al progetto offrendo l’apertura, grazie alla collaborazione con le parrocchie e con le associazioni di volontariato, di quattordici beni diocesani. Quest’anno si è scelto oltre alla città di Novara, di concentrare l’attenzione su alcune chiese e oratori nei comuni di Bellinzago, Cameri, Carpignano Sesia, Galliate, Momo e Oleggio. Oltre alle chiese, eccezionalmente, saranno aperti con visite libere e guidate, anche il Museo d’Arte Religiosa P.A. Mozzetti di Oleggio con i suoi volontari e la chiesa di San Pietro in Carpignano Sesia grazie all’Associazione Amici del San Pietro.

Il patrimonio della diocesi gaudenziana conta più di 1700 tra chiese, cappelle e oratori diffusi su tutto l’ampio territorio tra la provincia di Novara, Verbano Cusio Ossola e Vercelli. Luoghi di arte e di fede che hanno bisogno di continue cure e attenzioni per preservarne l’integrità e la funzione. Grazie anche agli eventi di valorizzazione, come le due giornate del 23 e 24 settembre, sarà possibile puntare l’attenzione su alcuni luoghi che necessitano di interventi di restauro urgenti, sensibilizzando i visitatori anche nei confronti di azioni di mecenatismo culturale, oggi più che mai urgenti.

Novara partecipa con chiese del centro città: vedremo così riaperte le chiese di San Pietro al Rosario e la chiesa di Sant’Eufemia che conservano opere di Giulio Cesare Procaccini, dei Della Rovere, del Vermiglio, del Pianca ecc. ecc. insieme al Duomo e alla Basilica di San Gaudenzio. Tra i beni segnalati si ricordano, oltre ai luoghi più noti, come l’Oratorio della SS. Trinità di Momo e il San Pietro di Carpignano Sesia, anche siti meno visitati come gli oratori di Cameri con la settecentesca chiesa di San Giuseppe affrescata da Lorenzo Peracino, oppure l’Oratorio del Gesù ricco di affreschi del XVIII secolo; per proseguire con Bellinzago Novarese dove si conserva il piccolo gioiello della chiesa di Sant’Anna con la splendida pala d’altare di Bartolomeo Vandoni e l’antico organo, recentemente restaurato con i fondi CEI 8X1000, di Giovan Battista Gavinelli del XVII secolo. Il percorso continua poi in luoghi ricchi di stratificazioni storiche come nel caso della chiesa di San Giulio a Dulzago eretta nel XII secolo e poi rinnovata nei secoli successivi sino al XVIII secolo ed inserita nel complesso della Badia di Dulzago fondato dai canonici regolari agostiniani nel Trecento.

Un itinerario ricco e variegato che permetterà, grazie anche ai volontari e alle parrocchie che hanno offerto la massima collaborazione, di scoprire o riscoprire luoghi noti e meno della diocesi; un segno, in queste giornate Europee del Patrimonio Culturale, che la condivisione di beni così ricchi di storia e di fede sia il segno di una nuova consapevolezza nei confronti del bene comune in una visione sempre più inclusiva e aperta.

Info
Diocesi di Novara – Ufficio Beni Culturali
Tel. 0321661654
Mail: beniculturalitutela@diocesinovara.it

Il calendario completo su www.cittaecattedrali.it

diocesinovara.it

Bolsena tra le 10 piccole città più belle d'Europa per Forbes

VITERBO - Bolsena, borgo in provincia di Viterbo a quasi due ore da Roma, è tra le dieci piccole città più belle d'Europa, secondo la rivista internazionale Forbes.

E' l'unico comune italiano in classifica.

Il riconoscimento viene dato per il lavoro di tutela ambientale, di valorizzazione della storia e delle tradizioni, ed è un premio che viene conferito anche per aver difeso e preservato il territorio. Tra le altre cittadine compaiono: Bibury in Inghilterra, Bonifacio in Francia, Cesky Krumlov in Repubblica Ceca, Cochem in Germania, Ericeira in Portogallo, Hall in Tirol in Austria, Reine in Norvegia, Ronda in Spagna e Sibiu in Romania. "Queste dieci gemme dimostrano che piccolo può essere bello", si legge su Forbes. Bolsena, che si è distinta, quindi, per il suo patrimonio artistico, paesaggistico e culturale, si trova alle sponde dell'omonimo lago di origine vulcanica "più grande d'Europa".

"Avremo sempre Parigi. E Amsterdam, Berlino e Roma. Ma il cuore dell'Europa si trova spesso nelle sue piccole città, non solo nelle sue vivaci capitali" si legge ancora sulla rivista

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

Ad Assisi un nuovo itinerario alla scoperta del Perugino

ASSISI - Ad Assisi è nato un nuovo itinerario culturale e turistico itinerante e permanente, alla scoperta delle opere del Perugino e della sua scuola presenti sul territorio.

Si tratta di un tour fra musei e chiese del centro storico e frazioni, attraverso il quale è possibile ammirare 21 tra dipinti e affreschi del Divin Pittore e di artisti che ne restarono influenzati, nel periodo compreso tra il 15/mo e il 16/mo secolo.

L'iniziativa - promossa dall'ufficio Turismo e marketing territoriale del Comune di Assisi - s'inserisce nel progetto avviato in Umbria, in occasione delle celebrazioni per i 500 anni della morte del Maestro. Un evento che ha visto una grande mostra nella galleria nazionale dell'Umbria e una serie di azioni intraprese, su invito della Regione, da Comuni che conservano tracce dello stesso, come Assisi, Foligno e Spello che si sono aggregati per la realizzazione del progetto Il Perugino per tutti che propone fino al 9 settembre visite guidate gratuite alle opere presenti in città.

In questo contesto è nata la proposta itinerante che offre la possibilità di ammirare nel territorio assisano 21 opere del Perugino e del suo entourage. Per l'occasione è stata anche realizzata una speciale pubblicazione, promossa ed edita dal Comune di Assisi, che le raccoglie e descrive tutte. Le prime copie sono state consegnate ai partecipanti della seconda uscita con partenza da Assisi de Il Perugino per tutti, che ha registrato nuovamente il tutto esaurito.

L'opera principale del nuovo itinerario culturale e turistico dedicato al Perugino - spiega il Comune di Assisi - è la Crocifissione, affresco datato 1485-1486 e posto sulla parete posteriore esterna della Porziuncola nella Basilica di Santa Maria degli Angeli. C'è poi la "Madonna col Bambino" in Pinacoteca comunale, attribuita al Perugino.

"Questa iniziativa - evidenziano Stefania Proietti e Fabrizio Leggio, sindaco e assessore al turismo di Assisi - rappresenta un nuovo strumento per promuovere un patrimonio culturale e artistico forse meno noto, ma altrettanto prezioso e importante.

Si tratta di un'opportunità ulteriore per arricchire l'offerta turistica della città e del territorio, favorendo la conoscenza di risorse che meritano di essere messe maggiormente in risalto".

"Il Comune di Assisi - sottolinea Giulio Proietti Bocchini, responsabile dell'ufficio Turismo e marketing territoriale e dei Musei civici - oltre a valorizzare l'opera certa del Perugino, la Crocifissione, presente nella Porziuncola, ha voluto realizzare un itinerario volto a sottolineare l'enorme fortuna del linguaggio pittorico del Maestro nella scena artistica regionale e mostrare come il suo stile influenzò una vasta schiera di artisti attivi nel periodo compreso tra il XV e il XVI secolo. Il percorso proposto, facilmente fruibile in maniera autonoma o con eventuale visita guidata, è illustrato in una pubblicazione che spiega tutte le opere in maniera sintetica e facilmente accessibile. La stessa, in collaborazione con Opera laboratori, è distribuita gratuitamente ai visitatori che si recano in Pinacoteca comunale".

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La Parsimonia dell'acqua, mostra itinerante in Puglia

BARI - L'annaffiatoio trattiene l'acqua, senza perderne una goccia, e all'occorrenza è capace di distribuirla armoniosamente sulla terra dando origine alla vita.

    E' uno strumento umile che, attraverso la sua semplicità, rivela il senso profondo del nostro tempo: la necessità di aver cura degli elementi base della vita.

L'annaffiatoio è il tema della mostra 'La Parsimonia dell'acqua', a cura di Roberto Marcatti e Cintya Concari dell'associazione no profit H2O Milano in collaborazione con il ceramista Agostino Branca; dalle Scuderie di Palazzo Gallone di Tricase, dove ha riscosso un grande successo, il progetto nei prossimi mesi si sposterà in altre 5 città della Puglia: Bari, Foggia, Taranto, Brindisi e Lecce.

    L'esposizione racconta le virtù di un semplice annaffiatoio e invita gli osservatori ad apprezzare l'ingegno e il valore di questo prezioso strumento a disposizione dell'uomo attraverso 27 opere di artisti nazionali e internazionali. Ogni opera mostra le diverse declinazioni dell'annaffiatoio con un messaggio comune: creatività significa reinterpretazione e capacità di riusare. Nei prossimi mesi le mostre, programmate dal Polo Biblio Museale della Regione Puglia e sostenute dall'Acquedotto Pugliese, sono previste a Bari negli spazi del Palazzo AQP di via Cognetti, per poi proseguire nella Biblioteca Magna Capitana di Foggia, nella Biblioteca Acclavio di Taranto, nel Museo Ribezzo di Brindisi e nel Museo Castromediano di Lecce.

    "Siamo orgogliosi di sostenere questo progetto - ha commentato Tina De Francesco, componente del CdA dell'Acquedotto pugliese - che offre una nuova filosofia di vita partendo da un prodotto, l'annaffiatoio, che conduce a un nuovo paradigma, quello del riutilizzo. Un valore in cui Acquedotto Pugliese investe ogni giorno curando il ciclo integrato dell'acqua, dalla fonte, alla distribuzione, al recupero, fino al riutilizzo in agricoltura".

    "Da quasi vent'anni - ha sottolineato la curatrice Cintya Concari - salvaguardiamo la risorsa acqua attraverso la cultura del progetto. Ecco perché gli annaffiatoi in mostra non vogliono rappresentare solo una merce, ma esprimere una nuova sacralità dell'oggetto stesso; a tale proposito non possiamo più parlare di semplice 'riciclo', ma di una nuova progettualità di cui tutti noi abbiamo bisogno".

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Aspettando Letteraltura, gli eventi d'anteprima del Festival 2023

È in programma da mercoledì 20 a domenica 24 settembre la nuova, attesa edizione del Festival Lago Maggiore Letteraltura, che prevede una giornata di anteprima domenica 17 settembre per una meditazione camminata con don Paolo Scquizzato e una postilla venerdì 29 settembre con una gita letteraria in Val Vigezzo in compagnia di Albano Marcarini.

Una rassegna come sempre ricca, con oltre 30 appuntamenti nel corpo centrale, cui si aggiungono altri imperdibili eventi tra il Festivallescuole, per studenti e docenti delle scuole del territorio, e quelli contenuti nell’anteprima di Aspettando Letteraltura, senza dimenticare il programma – ancora in via di definizione – dell’appendice autunnale di Festivalpost.

Tema della XXVII edizione del Festival LetterAltura sarà “Ggli alberi guardano i treni che passano”, legame che unirà il calendario di incontri, spettacoli, concerti, film e presentazioni che il sodalizio verbanese, presieduta da Amadio Taddei, ha messo a punto anche grazie al sostegno di Regione Piemonte, Città di Verbania, Fondazione CRT, Fondazione Comunitaria del Vco, Parco Nazionale della Valgrande ed Ente Giardini Botanici di Villa Taranto.

Sede del Festival sarà Villa Giulia, insieme al Teatro Il Maggiore per gli eventi clou: da qui LetterAltura si sposterà, specie durante gli eventi d’anteprima e per quelli autunnali, in altre sedi più o meno periferiche per portare i propri tasselli di cultura anche nelle frazioni e in altri luoghi della città. Da Casa Ceretti al Lungolago di Pallanza, fino alle frazioni di Trobaso e Fondotoce, per un Festival, come da tradizione, itinerante.

In questa edizione viene confermato il Festivallescuole, la ricca sezione dedicata a docenti e discenti delle scuole superiori del territorio, con appuntamenti in programma tra settembre e ottobre in quasi tutti gli istituti scolastici del VCO: incontri con gli autori, tavole rotonde, attività di laboratorio saranno affiancati da eventi specifici previsti per gli alunni delle scuole primarie e gli studenti delle medie inferiori verbanesi.

Saranno moltissimi gli spunti che, fin dagli eventi di Aspettando LetterAltura, a cavallo tra agosto e settembre, guideranno il pubblico ad approfondire il tema scelto per questa edizione: incontri con autori, presentazioni di libri, ospiti prestigiosi e testimonianze dirette, film, escursioni e spettacoli. Associazione Culturale LetterAltura ets – via F.lli Cervi, 14 – 28921 Verbania tel e fax +39 0323 581233 – email: segreteria@letteraltura.it – letteraltura@pec.it www.associazioneletteraltura.com - Fb @letteraltura - CF e p. IVA: 02052260037

Il programma di Aspettando Letteraltura 2023

Gli eventi che anticipano il cuore del Festival partiranno il 21 agosto e si terranno in varie sedi a Verbania e nelle sue frazioni, per unire simbolicamente la città grazie a una dozzina di incontri e spettacoli, arricchiti da golosi aperitivi con l’autore realizzati da: ACPicchia Bar (per gli incontri sul Lungolago di Pallanza e a Villa Giulia), Casa Ceretti Caffetteria di Quartiere + (per gli incontri a Casa Ceretti a Verbania-Intra), Gruppo Sportivo di Fondotoce (per gli incontri a Verbania-Fondotoce), Associazione La Gèra e dalla Società Operaia di Mutuo Soccorso (SOMS) di Trobaso (per gli incontri a Verbania-Trobaso), sempre con un contributo di 10 euro e con prenotazione entro il giorno precedente all’incontro telefonando allo 0323-581233 o 333-6519885 dalle ore 15 alle ore 18 nei giorni feriali.

Tutti gli eventi di Aspettando LetterAltura sono gratuiti e daranno al pubblico la possibilità di incontrare ospiti importanti e lasciarsi coinvolgere da argomenti stimolanti legati al tema principale “Gli alberi guardano i treni che passano”.

Aspettando LetterAltura partirà alle ore 21 di lunedì 21 agosto, a Cannero Riviera in Piazzetta degli Affreschi, nell’ambito della rassegna “Teatro in Piazzetta”, con il concerto per voce recitante e pianoforte “Walter Bonatti: parole in concerto” a cura di Natalia Ratti.

Mercoledì 23 agosto alle ore 18, Casa Ceretti ospiterà la presentazione del libro “Professione pendolare” con ospite la scrittrice Viviana Albanese. Si rimane a Casa Ceretti per l’aperitivo con l’autrice (su prenotazione) per poi assistere, alle ore 21, al film “La Signora Scompare” di Alfred Hitchcock.

“Dal treno alle vette sulle Alpi Occidentali” è il libro protagonista dell’incontro in programma sabato 26 agosto alle ore 18 sul lungolago di Pallanza (in caso di pioggia a Villa Giulia): il pubblico di LetterAltura potrà incontrare il geologo Diego Vaschetto, che si fermerà con i partecipanti per il consueto aperitivo conviviale aperto a tutti (su prenotazione). A seguire, alle ore 21 a Villa Giulia, la proiezione del film “Come vinsi la Guerra” di Buster Keaton e Clyde Bruckman.

Aspettando LetterAltura tornerà mercoledì 30 agosto alle ore 18 a Casa Ceretti per la presentazione del libro “La vita segreta delle api” di Marco Valsesia. Dopo il dialogo, l’autore condividerà con il pubblico un aperitivo (su prenotazione), mentre alle ore 21 la serata proseguirà sempre a Casa Ceretti con il film “L’Albero” di Julie Bertuccelli.

Sabato 2 settembre la rassegna si trasferirà alle ore 18 al Parco Giochi adiacente al campo sportivo di Verbania- Fondotoce (in caso di pioggia alla Casa della Resistenza), per la presentazione del libro “Sul treno con Levi” di Giuseppe Improta. Dopo l’aperitivo (su prenotazione) presso il Gruppo Sportivo di Fondotoce, alle ore 21 il pubblico potrà assistere allo spettacolo musicale “NO alla guerra!” del Coro ArSunà.

Mercoledì 6 settembre nel salone di Villa Giulia alle ore 18 è prevista la presentazione del libro “Perché gli alberi non rispondono” di Carlo Sini e Gabriele Pasqui. Dopo l’aperitivo (su prenotazione), la serata avrà seguito con il film “Il Giardino dei Limoni” di Eran Riklis. Associazione Culturale LetterAltura ets – via F.lli Cervi, 14 – 28921 Verbania tel e fax +39 0323 581233 – email: segreteria@letteraltura.it – letteraltura@pec.it www.associazioneletteraltura.com - Fb @letteraltura - CF e p. IVA: 02052260037

L’ultimo fine settimana di Aspettando LetterAltura prevede quattro eventi diffusi, tra le frazioni verbanesi di Pallanza e Trobaso.

Si inizia sabato 9 settembre alle ore 18 sul lungolago di Pallanza (in caso di pioggia a Villa Giulia), con la presentazione del libro “Il Torto. Diciassette gradini verso l’inferno” di Carlo Piano. L’autore si unirà al pubblico per l’aperitivo (su prenotazione) presso l’ACPicchia Bar di Villa Giulia. La serata proseguirà sempre sul lungolago (in caso di pioggia a Villa Giulia) alle ore 21 con il concerto per voce recitante e pianoforte “Alpiniste: parole in concerto” a cura di Natalia Ratti.

Domenica 10 settembre la rassegna si sposta a Trobaso nel cortile presso la chiesa parrocchiale (in caso di pioggia nel salone parrocchiale) per la presentazione del libro “Testimoni silenziosi” di Cristina Converso. Dopo l’aperitivo (su prenotazione) si potrà assistere al concerto organizzato in collaborazione con l’Associazione Circolo Culturale "Carlo Ravasenga" con Roberto Bassa al pianoforte e Davide Besana al violino.

vconews.it

A Genova la 'Rotta dei Capolavori', network musei e opere d'arte. In occasione di The Ocean race 30 tappe tra arte e cultura


- E' pronta a Genova la 'rete delle meraviglie' (dal 19 maggio al 10 settembre 2023), ovvero la possibilità di percorrere un itinerario inedito per scoprire la ricchezza di un patrimonio culturale vario e di inestimabile valore. Da domani infatti sarà possibile incamminarsi sulla Rotta dei Capolavori, un progetto di network museale del Comune di Genova con Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, ideato e curato da Anna Orlando, la prima e più completa rete museale mai realizzata a Genova in cui ogni realtà si presenta con il proprio highlight.

Sono circa trenta le tappe, in strutture tutte diverse tra loro, che offrono una panoramica dell'arte e del sapere dall'antichità ai nostri giorni. I musei di Archeologia ligure e d'arte Contemporanea, la storia naturale e l'arte sacra, la Lanterna e il sommergibile Nazario Sauro sono alcune tappe di un itinerario che tocca tutto il territorio.
    L'edizione 2023 è targata The Ocean Race ed è stata pensata in occasione dell'arrivo della competizione internazionale a Genova. Il network culturale aprirà e chiuderà la 'navigazione' con alcuni 'capolavori ospiti': il 'Paesaggio con covoni e luna nascente' di Van Gogh esposto al Ducale è lo starting point e 'l'approdo' è 'Sinfonie d'arte', capolavori in dialogo tra Modena e Genova allestita a Palazzo Doria Carcassi. "La creazione di un itinerario tra i capolavori di Genova - ha detto il sindaco Marco Bucci -. rappresenta una grande opportunità. Un viaggio nel tempo tra arte e cultura che permetterà di riscoprire il patrimonio artistico genovese". Secondo il governatore Giovanni Toti "in questo modo la città si presenta ai visitatori con un'offerta culturale permanente, evocativa e legata a grandi artisti come Rubens, Van Gogh, Fontana o Cambiaso".
    "Dopo i risultati del network culturale creato attorno alla mostra 'Rubens a Genova' - ha detto la curatrice Anna Orlando - è ancor più evidente l'efficacia della rete e di progetti che mettano a sistema il nostro patrimonio per offrirlo a turisti e genovesi. L'occasione di The Ocean Race è idonea a creare un itinerario per segnalare le opere da non perdere, custodite in città, insieme alle mostre temporanee in corso in questo periodo".

ansa.it

Beni ecclesiastici, un tesoro culturale che non si finisce mai di scoprire

Un’immagine del convegno sui beni ecclesiastici romosso dalla Cei 
 avvenire.it 

 Che cos’è un libro antico? Quali sono le sue caratteristiche? E soprattutto, cosa ha ancora da dire a noi oggi? È questo il tema dell’incontro itinerante che si tiene domani mattina presso la Biblioteca diocesana “Carlo Maria Martini” di Pescara, guidato da Chiara Cauzzi, ricercatrice della Biblioteca Universitaria di Lugano. A proposito di documenti antichi, presso la sala d’ingresso del Seminario arcivescovile di Otranto è possibile ammirare (oggi è l’ultimo giorno) una mostra con documenti del 1480 sulla presa della città pugliese da parte degli Ottomani e il martirio sconvolgente dei santi Antonio Primaldo e 800 compagni, avvenuto in quello stesso anno. Carte di enorme valore testimoniale provenienti sia dal fondo archivistico diocesano che da altri fondi italiani.

Chi invece volesse ripercorrere una delle storie più affascinanti della Controriforma, quella di sant’Antonio Maria Zaccaria e della Congregazione dei Chierici Regolari di San Paolo da lui fondata, detti Barnabiti dal nome della loro prima sede, la chiesa milanese di San Barnaba, può visitare l’esposizione presso il complesso di San Carlo ai Catinari, a Roma. Un appuntamento già passato ma che merita una segnalazione, sempre sulla storia della Chiesa, è quello andato in scena domenica scorsa all’abbazia di Nonantola (Modena): “A cavallo in armi verso Oriente. I cavalieri Templari nei documenti dell’Archivio abbaziale di Nonantola”, una conferenza di don Riccardo Fangarezzi, direttore dell’Archivio abbaziale, a cui è seguita l’inaugurazione della mostra al museo diocesano.

Queste citate sono solo alcune delle numerosissime iniziative organizzate in occasione dell’edizione 2023 delle Giornate di valorizzazione del patrimonio culturale ecclesiastico (13-21 maggio) e segnalate sulla pagina dedicata del sito BeWeB, sigla che sta per Beni ecclesiastici in web, ovvero la vetrina che rende visibile il censimento sistematico del patrimonio storico e artistico, architettonico, archivistico e librario portato avanti dalle diocesi e dagli istituti culturali ecclesiastici sui beni di loro proprietà.

Le Giornate sono state inaugurate dal convegno che si è svolto a Firenze gli scorsi 12 e 13 maggio, organizzato dall’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto insieme al Servizio nazionale per la pastorale delle persone con disabilità e all’arcidiocesi di Firenze (con la partecipazione delle associazioni professionali di settore Amei – Associazione musei ecclesiastici italiani, Aae – Associazione archivistica ecclesiastica, e Abei – Associazione bibliotecari ecclesiastici italiani). «Il titolo comune che abbiamo voluto dare sia alle Giornate di valorizzazione che al convegno – spiega don Luca Franceschini, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per i beni culturali ecclesiastici – è “Oltre lo scivolo.

Beni culturali ecclesiastici: dall’accessibilità all’inclusione” nell’intento di far percepire sempre più il bene culturale ecclesiastico, che sia mobile o immobile, come portatore di un valore universale e testimonianza concreta. Con questo convegno la Chiesa ha fatto un passo avanti nell’attenzione alle persone più isolate, per un’inclusione a tutto campo. I partecipanti, provenienti da molte delle diocesi italiane, lavorano quotidianamente nella valorizzazione dei beni culturali ecclesiastici; il loro impegno è volto non solo alla trasmissione dell’aspetto storico-culturale ma soprattutto a rivelare l’aspetto spirituale dei beni culturali ecclesiastici al quale fanno da cornice non secondaria la vita liturgica, pastorale e teologica».

Da segnalare alcuni laboratori che hanno coinvolto i partecipanti con esperienze per l’accessibilità e l’inclusione: percorsi, libri e quadri tattili, videodescrizioni con la lingua dei segni, progetti di audiodescrizioni, percorsi per persone con autismo e per persone con Alzheimer

Museo d'Arte per bambini supera visitatori prima del Covid

 - Aumentano le presenze al Museo d'arte per Bambini di Siena che nei primi quattro mesi dell'anno ha segnato un incremento dei visitatori anche rispetto allo stesso periodo del 2019, prima del Covid. Da gennaio ad aprile 2023 il numero ingressi è stato di 2.974 visitatori da tutta Italia.

Effettuate 150 attività educative e didattiche. Nello stesso periodo del 2019 i biglietti furono 2572. Il Museo d'Arte per Bambini offre 15 proposte diversificate per le scuole e le famiglie in base alle fasce di età. Previsti progetti rivolti al pubblico fragile e alle scuole medie e superiori. "L'offerta didattica del Museo d'arte per Bambini nasce dalla necessità di coltivare un dialogo diretto con il mondo della scuola - spiega Michela Eremita - L'obiettivo principale è rendere gli studenti protagonisti dell'esperienza museale, stimolando la loro curiosità conoscitiva ed esperienziale mediante la proposta di contenuti mirati e attività laboratoriali dedicate".
    L'offerta è stata suddivisa in aree a tema (Collezione Museo d'arte per bambini, Santa Maria della Scala, Museo Archeologico Nazionale, Collezione Piccolomini-Spannocchi e alcune delle Mostre temporanee) che corrispondono agli ambienti museali con la loro specifica offerta artistica". Il Museo nasce a Siena nel 1998 e fin da subito si è affermato con iniziative dedicate al mondo dei ragazzi. Dal 2007 si è trasferito al Santa Maria della Scala. "Ai bambini e alle famiglie sono dedicate attività a tema che permettono di scoprire differenti aspetti del complesso museale - racconta Eremita -. L'offerta è pensata per consentire ai genitori di vivere gli spazi insieme ai figli con visite interattive, giochi e attività di laboratorio dove sperimentare tecniche artistiche". Un altro aspetto particolarmente importante è dedicato alla cura e alla progettazione di percorsi interamente rivolti a persone in situazioni di disabilità e, più in generale, alle categorie fragili. (ANSA).
   

Il progetto a Lucca. Arte e fede, il "tesoro" dei martiri del Giappone


Interpretare la cultura cristiana in Giappone è un percorso accidentato: ogni ragionamento analitico di stampo cartesiano è destinato a cercare invano spiegazioni razionali per situazioni che trovano invece radici profonde nell’invisibile. Entrare in dialogo con la cultura cristiana nel Sol Levante significa confrontarsi con una realtà complessa, in cui non si trova un soggetto che funga da centro dominante, ma convivono una pluralità di situazioni, con sensazioni, emozioni e percezioni che cambiano in relazione al modo in cui ciascun individuo percepisce in un dato momento, chi si trova dinanzi e il luogo in cui si colloca. Tutto ciò che a noi occidentali appare come una condizione statica, costituisce invece un processo dinamico, proprio della tradizione culturale giapponese, radicato nello strettissimo rapporto con la natura e la comunità. La comprensione della cultura cristiana in Giappone presenta pertanto difficoltà interpretative; del resto con questo stesso problema si sono confrontati i numerosi missionari occidentali che a partire dalla metà del XVI secolo sono giunti nel grande arcipelago “dove sorge il sole”. Il geografo tedesco Ferdinand von Richthofen (1833-1905) nell’opera Tagebucher aus China (1877), descrive come il primo incontro tra Oriente e Occidente avvenne lungo la Via della Seta, rete di strade che si stendevano dai paesi dell’area Mediterranea a tutto il continente asiatico, deviando anche nel sud dell’India e raggiungendo talvolta il Giappone. Su queste rotte alcuni Italiani compirono imprese epiche, come quella di fra Giovanni da Pian del Carpine, francescano umbro, che nell’aprile 1245, su incarico di papa Innocenzo IV, iniziò il suo itinerario in Oriente per convertire i mongoli; come il viaggio dei commercianti veneziani Matteo e Niccolò Polo e del figlio di quest’ultimo, Marco; come le eroiche avventure del gesuita abruzzese Alessandro Valignano, che arrivò in Giappone nel 1579, e del domenicano Angelo di Bernardino Orsucci, nato a Lucca l’8 maggio 1573 e morto martire a Nagasaki nel 1622. Questi primi incontri hanno creato i presupposti per instaurare una prima importante “rete di scambi”; i rapporti da essi inaugurati hanno fatto sì che la Via della Seta sia ancora rimasta come sinonimo storico dell’incontro tra Occidente e Oriente.
Già alla fine del XVI secolo diversi missionari italiani avevano intrapreso spedizioni oltreoceano; tra questi anche l’Orsucci: dopo lunghe permanenze tra Messico e Filippine, nell’agosto del 1618 era giunto a Nagasaki per soccorrere le comunità locali, sottoposte a feroce persecuzione. L’editto emanato da Toyotomi Hideyoshi il 24 luglio 1587 aveva anche bandito i missionari cristiani, onde evitare che diffondessero la loro “perniciosa dottrina”. Nonostante i numerosi tentativi di dialogo intrapresi dagli ordini religiosi presenti in Giappone, supportati anche dalle lettere che giungevano dalla Santa Sede, il martirio (attraverso crocifissioni o raffinate forme di tortura) fu l’unico esito del contrasto dei signori feudali giapponesi con le comunità cristiane. Ebbe da qui inizio il lungo cammino del “cristianesimo nascosto”, che in parte continua ancora oggi, nonostante le proibizioni siano state abolite nel 1873 dall’imperatore Meiji. Nel 2018 il valore immateriale di questa straordinaria eredità religiosa è stato riconosciuto Patrimonio dell’Umanità. Trascorsi 470 anni dalla morte di Francesco Saverio (1552-2022), 400 anni dalla sua canonizzazione e dal martirio di Angelo Orsucci (1622-2022), a pochi anni dal viaggio apostolico di sua santità Francesco in Giappone (novembre 2019), il progetto “Thesaurum Fidei. Missionari martiri e cristiani nascosti in Giappone: 300 anni di eroica fedeltà a Cristo” ripercorre il complesso e travagliato cammino del “cantiere missionario” nel Sol Levante. Promosso dall’arcidiocesi di Lucca all’indomani del viaggio diocesano nella prefettura di Nagasaki (settembre 2022), intende ridare voce a quanti hanno donato la propria vita per la fede e la diffusione del Vangelo in Giappone, attraverso un convegno storico e una mostra, visitabile in questo mese di maggio. “Thesaurum fidei” darà modo di approfondire gli studi e di far conoscere al grande pubblico l’opera religiosa e diplomatica svolta dai missionari che, pagando anche con la vita, hanno consentito di tessere un filo che, più forte che mai, continua ad unire il mondo intero. Sarà presentata anche la straordinaria esperienza evangelica dei kakure kirishitan (cristiani nascosti), durata 250 anni (sette generazioni) e capace di tramandare la fede cattolica e la memoria dei màrtiri e dei luoghi degli imprigionamenti e delle uccisioni. Tutto ciò aiuterà a riflettere sul valore e sul significato che il cristianesimo ha avuto ed ha oggi nel Sol Levante, e sulle prospettive dell’azione evangelizzatrice che ancora continua, attraverso tanti missionari laici e religiosi, impegnati a diffondere la parola di Cristo.
avvenire.it

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Reportage. Isole Aran: poesia dai confini del mondo

Nell’isola ai confini del mondo è facile smarrire del tutto la concezione del tempo. Da quando il traghetto molla gli ormeggi dal porticciolo di Rossaveel, immerso nelle nebbie eterne del Connemara, l’orologio segna tre quarti d’ora di traversata per raggiungere Inishmore, la più grande delle isole Aran. Ma forse è un’illusione, perché in questa striscia di roccia calcarea sferzata dal vento e sperduta nell’Atlantico il tempo sembra essersi fermato. Gli abitanti più anziani la chiamano ancora Inis Mór, e ricordano l’epoca in cui era considerata l’ultima roccaforte della cultura gaelica contro l’anglicizzazione dell’Irlanda. Una terra che dette i natali al più grande poeta in lingua irlandese, Máirtín Ó Direáin, e poi allo scrittore Liam O’Flaherty, l’illustre esponente del Rinascimento irlandese che sull’isola ambientò molti suoi romanzi. Al volgere del XIX secolo vi mise piede per la prima volta anche un drammaturgo dai baffi cadenti e dall’aria malinconica che sarebbe diventato uno dei grandi del teatro irlandese, John Millington Synge. A Parigi aveva incontrato William Butler Yeats, di qualche anno più vecchio ma già famoso, che gli dette uno di quei consigli che rivoluzionano la vita di un uomo: vai alle isole Aran, ci troverai una vita non ancora espressa in letteratura.

Racconti di fate e testimonianze di vita semplice e tragica

Synge seguì il suggerimento del grande poeta e vi trascorse varie estati e autunni, intrecciando rapporti con gli abitanti, approfondendo la conoscenza del gaelico, raccogliendo racconti di fate e testimonianze di una vita semplice e tragica. Legò per sempre il suo nome a quest’ultimo lembo primitivo d’Irlanda e alle persone che ci vivevano divenendo il cantore dell’Irlanda rurale e primordiale, il drammaturgo paragonato ai greci per la profonda adesione al dolore umano. «Sono a Inishmore, seduto accanto a un fuoco di torba, e ascolto un mormorio in gaelico che sale da un piccolo pub verso la mia stanza», scrisse nell’incipit della sua raccolta di racconti Le isole Aran, pubblicata per la prima volta nel 1907. Tutte le sue opere teatrali sono ambientate o fortemente influenzate dal periodo che trascorse a Inishmore e in un’altra delle isole Aran, Inishman. Li descrisse come luoghi magici ma assai poco adatti per viverci, come avrebbe confermato anche un grande classico del documentario della prima metà del ’900, L’uomo di Aran del regista statunitense Robert Flaherty. Ancora oggi, è proprio ciò che manca a rendere Inishmore un’isola dal fascino senza tempo. Le macchine sono una rarità, ci si muove a piedi, in bicicletta o a bordo di piccoli pulmini guidati dagli abitanti. L’elettricità è arrivata soltanto negli anni ’70. Intorno al villaggio si scorgono poche casette colorate, due pub e poi i viottoli che serpeggiano fra ali basse di muretti di pietra a secco che disegnano strade e confini. Piccoli appezzamenti di pascolo, ampi spazi incontaminati e rovine di antichi monasteri che si ergono lontane dal frastuono degli uomini. « L’interesse supremo dell’isola – annotò ancora Synge - risiede nella strana concordia che esiste tra le persone e gli impersonali impulsi limitati ma potenti della natura che è intorno a loro». In questa terra ricca di leggende, di silenzio e di echi letterari e cinematografici vivono oggi poco più di settecento abitanti fieri della loro storia e delle loro tradizioni. Due secoli fa erano circa tre volte tanti ma poi le carestie dell’Ottocento e le durissime condizioni di vita avrebbero costretto molti di loro a partire per non fare più ritorno. Gli odierni abitanti sono dediti a un turismo lento, sostenibile e rispettoso dell’ecosistema naturale. Quelle che incrociamo sono persone ospitali che salutano ancora alzando tre dita della mano, quasi per benedire, come facevano gli antichi monaci che si rifugiarono qui a meditare in cerca di silenzio e di spiritualità.

Hollywood è tornata agli "Spiriti dell'isola"

Un anno fa Hollywood si è affacciata di nuovo: il regista britannico Martin McDonagh vi ha portato il set del suo film candidato a nove Oscar, Gli spiriti dell’isola. Poi i riflettori si sono spenti di nuovo e la vita è tornata a scorrere come prima. Visitare quest’isola, oggi, è come risalire alle radici di un’esistenza che coinvolge solo i principi fondamentali: il confronto con un territorio ancora selvaggio in un fazzoletto di terra immutato da secoli, il rude contatto con una natura violenta che supera ogni immaginazione e può mettere i brividi, il ricordo di una lotta impari con il mare che in passato vedeva quasi sempre l’uomo soccombere. «Molti sono stati inghiottiti dalle acque dell’oceano in tempesta, che in alcuni casi non hanno neanche restituito i loro corpi », racconta un artista locale, Cyril Flaherty, indicandoci una serie di monumenti allineati di fronte al mare e sormontati da piccole croci. Tristi cenotafi senza nome, eretti in memoria di questi Malavoglia del nord. È lui ad accompagnarci in un paesaggio lunare che evoca quadri, poesie e un passato leggendario. Un paesaggio solcato da torbiere, minuscoli rivoli d’acqua e un terreno che è una lastra di pietra naturale. «Coltivarlo potrebbe sembrare un’impresa impossibile ma la gente del posto ha imparato da secoli a rendere fertile anche la pietra, collocandoci sopra uno strato di sabbia e alghe marine», ci spiega. Nella parte settentrionale dell’isola, però, non si incontra anima viva. I sentieri di roccia si fanno sempre più impervi e cominciano a salire finché non si scorgono, quasi all’improvviso, i contorni del Dún Aengus, il più celebre dei forti preistorici delle isole Aran. Costruito durante l’Età del bronzo e risalente al I millennio a.C., è formato da una combinazione di quattro cinte murarie concentriche, con uno spessore che in alcuni punti raggiunge i quattro metri. In lontananza si avvertono rumori inquietanti che sembrano esplosioni. Solo all’interno delle mura ci si rende conto che il forte è affacciato su una scogliera di calcare a picco sull’Atlantico alta oltre un centinaio di metri. Quelle che sembravano esplosioni sono in realtà le onde che si infrangono violentemente sulla roccia. Dal promontorio l’oceano risuona cupo, non si può non provare un brivido di vertigine di fronte all’immensità della natura. A separarci dall’abisso non c’è neanche una spalliera di protezione.

Sulla scogliera le grotte dei druidi

Un tratto di scogliera sotto al Dún Aengus è stato denominato “Wormhole” (“buco del verme”) perché è formato da ampie grotte scavate nei secoli dall’incessante forza delle acque. La posizione del forte suggerisce che la sua funzione principale non fosse di natura militare bensì religiosa e cerimoniale. Si pensa che sia stato usato dai druidi, gli antichi sacerdoti dei Celti, per riti stagionali. Lo scrittore Liam O’Flaherty – che nacque qui nel 1896 – scrisse: «quest’isola ha il carattere e la personalità di un Dio muto. Si è intimoriti dalla sua presenza, si respira la sua aria. Su di essa aleggia un senso travolgente di grande, nobile tragedia. L’instabilità della vita nell’isola trasforma gli amici in nemici e i nemici in amici con sorprendente rapidità». Quasi una metafora della guerra civile, che anticipa la trama del film Gli spiriti dell’isola.

avvenire.it

- Segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone e Albana Ruci turismoculturale@yahoo.it

Expo 2030: gli ispettori promuovono Roma, "troppo bella"

AGI - Una promozione in piena regola che lancia Roma nella difficile corsa per Expo 2030: è positivo il bilancio degli ispettori del Bie dopo cinque giorni di incontri e sopralluoghi nella Città Eterna. Un punto debole? "Roma è troppo bella, sarà difficile per le altre città competere con Roma", ha risposto con un sorriso il segretario generale del Bie, Dimitri Kerketzes, che ha accompagnato nella visita i quattro ispettori, "al Bie siamo felici perchè abbiamo una candidatura che sarà un punto di riferimento per il futuro".

Al di là dei convenevoli di rito, il funzionario greco nato a Londra ha lanciato segnali importanti come quello che si terrà conto anche dei diritti umani e del trattamento dei lavoratori, tallone d'Achille di Riad, la più temibile rivale di Roma. "Ci sono stati eventi che hanno avuto una cattiva pubblicità in passato, ma per Expo 2030 tutti i governi devono indicare questo aspetto nell'organizzazione", ha sottolineato.

Lo spettacolo di luci al Colosseo 

La visita è stata "molto efficiente e ben organizzata", ha confermato il presidente della delegazione del Bie, il kazako Murager Sauranbayev, nel punto stampa di Mercati di Traiano. Dal sopralluogo a Tor Vergata (il cui "sviluppo permetterà di servire anche dopo un'area molto ampia con un ospedale e l'università", è stato annotato) allo spettacolo di luci con 500 droni al Colosseo, gli ispettori sono apparsi molto colpiti dal modo in cui Roma si è presentata. Lo show ai Fori Imperiali "è stata una cosa da togliere il fiato, questo dimostra la cultura che potete offrire in Italia e quello che potrete fare nel 2030", ha osservato Kerketzes.

Con Roma si sono completate le ispezioni nelle quattro città candidate: le altre sono Riad, la sudcoreana Busan e l'ucraina Odessa (in quel caso c'è stata una videoconferenza a causa della guerra). Sulla base delle relazioni degli ispettori, entro la prima decade di maggio il Comitato esecutivo del Bie deciderà quali candidature possono andare avanti. Poi il 20 giugno si farà il punto all'Assemblea generale che darà il via alla volata finale verso il voto dei 171 Stati membri a novembre.

Massolo: "Abbiamo un progetto forte e condiviso"

"È andata bene", ha assicurato il presidente del Comitato Promotore di Expo 2030, Giampiero Massolo, "credo che siamo riusciti a dimostrare che abbiamo un progetto solido, sostenibile, soprattutto condiviso dalle autorità nazionali, locali, dalle forze politiche di maggioranza e opposizione, dalle forze sociali e soprattutto dell'opinione pubblica e dalla società civile". Una compattezza che non può riguardare altre candidature e che fa del progetto italiano "l'Expo della libertà, dell'inclusione e del lavorare insieme".

"La visita è stata un grande successo", ha esultato il sindaco Roberto Gualtieri, "Roma è pronta e perfettamente all'altezza di organizzare e ospitare un evento di portata mondiale come Expo 2030".

Massolo non si è sbilanciato in previsioni ma ha lanciato un appello ai partner europei, alcuni dei quali come Francia e Grecia sarebbero orientati a votare per Riad: "Abbiamo, e siamo forti di questo, il sostegno delle istituzioni europee. Io spero che chi ora dà la propria preferenza ad altri possa ricredersi per tempo, perchè voterebbe per un progetto valido, nell'interesse non solo dell'Italia ma dell'Europa intera", ha detto l'ex segretario generale della Farnesina. 

Jovanotti, 'È un'epoca di passioni tristi viaggiare è militanza'

"Gli ultimi tre anni hanno cambiato la prospettiva.

Dopo la pandemia che è stata un trauma collettiva e personale era tempo di riformattare e di ripartire".

Jovanotti a fine gennaio, per un mese, è ripartito alla scoperta del Sud America in sella alla sua bici per Aracataca - Non voglio cambiare pianeta 2, ventidue puntate da 15 minuti dal 24 aprile in esclusiva su RaiPlay. Dall'Ecuador alla Colombia, dalle Ande all'Amazzonia e dall'Oceano alla mitica Macondo.
    "Una pedalata lunga 3500 km, 50mila metri di dislivello, tra salite e discese, foreste e cascate, sentieri e autostrade. Una pedalata alla volta, ce la faremo", racconta Jova del suo viaggio attraverso mari e oceani, villaggi e periferie, pueblos e città, tra musica, sorrisi, fatica e perseveranza. "Con la testa che si svuota e il cuore che fa il pieno. Ma tutto questo è anche sviluppo e ricerca della mia musica", racconta l'artista che ha consegnato 70 ore di girato, diventati un docu-trip in ventidue capitoli, come gli arcani maggiori dei tarocchi che lo hanno accompagnato giorno dopo giorno, realizzati in completa autonomia con action cam e cellulare. "Un racconto on the road come poteva esserlo l'Odissea... Non c'è nessuno che vince o che perde. E avanti, una pedalata alla volta ce la faremo - insiste - e se non ce la faremo, ce la farà quello dopo di noi, perché siamo l'uomo sapiens e si impara da quello che si fa". Un viaggio che, musicalmente, è continuato anche al ritorno "con una colonna sonora realizzata in soggettiva, sgangherata, sbagliata, ma che racconta bene quelle atmosfere. Ma non diventerà un disco". Fatica e sudore "e pensare che una volta i cantanti si drogavano, oggi si allenano - scherza Lorenzo Cherubini, da sempre attento alla forma fisica -. Ma i tour sono impegnativi e non ti puoi permettere di star male o di fermarti: hai un'industria intorno. Se dovessi scegliere un compagno di viaggio chiamerei Biagio (Antonacci, ndr). Anche Gianna Nannini è una sportiva pazzesca. Eros invece no, lui vuole stare comodo e mangiare italiano". Il titolo della serie (che avrà una trasposizione sulle reti generaliste perché "per me non c'è differenza tra le piattaforme e la televisione") riporta a Gabriel Garcia Marquez che ad Aracataca era nato. "E' una suggestione, un pretesto. La città di per sé non ha nessun motivo di interesse se non quello che tu proietti, è il luogo in cui ti sei formato e ognuno di noi ha la sua Aracataca. Per Fellini era Rimini, per Marquez era Aracataca, ovvero la Macondo di Cent'anni di Solitudine, quella che ha suggestionato anche me". Tre anni fa, in coincidenza con il primo lockdown la prima serie, sempre su RaiPlay, che ebbe nei primi 30 giorni 5,5 milioni di visualizzazioni e 600mila ore di visione, come sottolinea Elena Capparelli, direttrice di RaiPlay. Per Jovanotti, se Aracataca deve avere un obiettivo è solo uno: "quello di comunicare il senso dell'avventura. Prendete e partite, anche perché andare in bici è meno costoso che restare a casa - dice rivolgendosi soprattutto ai giovani -: in un'epoca di passioni tristi, per me opporsi a questo è una forma di militanza. Viviamo al centro di bombardamenti di notizie e ci sembra che il mondo ci raggiunga, ma al contrario raggiungere il mondo è necessario, perché altrimenti ti rende impotente rispetto al tuo potenziale di poterlo cambiare. Viaggiare rimane una delle grandi esperienza che l'essere umano può fare". E aggiunge: "Sono stati anni terribili per gli adolescenti, che vivono una sorta di stress post-traumatico. Ma non siate tristi, perché altrimenti sarete manipolabili: è la natura del potere.
    Non lo dico io, ma lo diceva Spinoza. E allora viaggiate, andate dove avete la sensazione di poter fiorire e non appassire".

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Calvino, tour per i 100 anni tra Cirko Vertigo e sostenibilità 21 tappe da Zafferana Etnea a Cagliari, 1 luglio-15 settembre

ROMA - "Italo Calvino è stato un grande viaggiatore, prima involontario grazie al lavoro del papà botanico e poi per conto suo.

Non ha mai fatto nessuna separazione tra la vita e il lavoro e ha sempre continuato a pensare e creare contenuti. E' stato un grande 'impollinatore', ha esportato il marchio Italia nel mondo grazie alle sue opere che assieme a quelle di Primo Levi e Umberto Eco sono tra le più lette.

Per questo siamo felici di onorarlo nei 100 anni dalla nascita con un giro d'Italia in 80 giorni". Lo dice Paolo Verri, presidente della Fondazione Cirko Vertigo presentando l'iniziativa Calvino 100 - In cammino sul filo delle montagne dal 1 luglio al 15 settembre, progetto ideato e curato dal Cirko Vertigo e sostenuto in qualità di progetto speciale dal ministero della Cultura.

Un tour di 21 tappe con i meravigliosi artisti del circo contemporaneo, per lo più localizzate nei comuni montani d'Italia e nei borghi, ma che prevede anche alcune tappe nelle città e anche a Villa Torlonia a Roma. Attraverseranno l'Italia, a partire dal 1 luglio, dalla Sicilia, a Zafferana Etnea, fino alla tappa conclusiva in Sardegna presso l'Orto botanico di Cagliari. Quest'ultimo, racconta Verri, è proprio uno dei luoghi del cuore di Calvino visto che la mamma, Eva Mameli, è stata una delle scienziate più importanti del primo Novecento, pioniera della protezione della natura e prima direttrice donna dell'Orto botanico cagliaritano. Anche per questo durante il tour verranno messe a dimora più specie, ad esempio almeno un albero e un arbusto, e verranno seminate specie erbacee, tali da attirare varie specie animali, ricreando nel tempo un piccolo ecosistema. "Queste storie - dice - diventeranno residenti nei territori dove andremo, non arriveremo come un'astronave ma creeremo qualcosa in onore di Calvino e anche in onore del nostro Belpaese di cui dobbiamo essere orgogliosi". Si esplorerà e investigherà l'universo di Calvino, partendo dalla lettura di saggi e romanzi tra i quali "Le città invisibili", "Se una notte d'inverno un viaggiatore", "Le cosmicomiche" e "Lezioni americane".

"Come nuovi Palomar - dice ancora Verri - andremo in giro per l'Italia rintracciando tracce delle favole ma anche delle storie partigiane, facendo del nostro lavoro un metodo per un percorso di costruzione di senso nel rapporto tra artisti di circo e spettatori. Speriamo di essere in grado di ricostruire quel sentimento di comunità che animava Pin nel Sentiero dei nidi di ragno: una comunità non solo umana ma vegetale, capace di pensarsi e di viversi in un tempo lungo e diffuso". "All'effimero meraviglioso del circo contemporaneo si aggiunge una attività che genera valore e lascia tracce indelebili, una proposta culturale ampia e visionaria che consegna importanti semi per le giovani generazioni" aggiunge Paolo Stratta, direttore generale di Fondazione Cirko Vertigo, unico ente in Italia a rilasciare un diploma di Laurea triennale in circo contemporaneo equipollente in Dams (insieme a soli altri 7 nel mondo). Calvino 100 è realizzato da Cirko Vertigo in collaborazione con Uncem - Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani, Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell'Università di Torino e Ied - Istituto Europeo di Design, in partnership con Agis - Associazione Generale Italiana dello Spettacolo e con il sostegno degli sponsor Play Juggling, leader nel settore degli attrezzi per discipline circensi e Fresia Alluminio.

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(Segnalazione web a cura di Giuseppe Serrone e Albana Ruci - turismoculturale@yahoo.it)

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Cultura e spettacolo. Moretti a 69 anni torna a fare un film in cui recita nel ruolo di se stesso

Il 20 aprile esce nelle sale il nuovo film che sarà in concorso per la Palma d'Oro al 76esimo festival di Cannes. Il regista torna a fare un film in cui recita nel ruolo di se stesso, mettendosi a nudo e rispolverando le sue manie, idiosincrasie e insofferenze che lo hanno reso famoso e popolarissimo

AGI - “In ‘Il sol dell’avvenire’ ci sono temi e personaggi affrontati nei miei film precedenti. Recitazione, regia e scrittura sono un po’ diversi perché si cambia più al livello personale che professionale. Nei decenni si può cambiare, poco, e questo si riflette nella recitazione, nella scrittura e nella regia”. Così Nanni Moretti alla presentazione romana del suo ultimo film, in 500 sale dal prossimo 20 aprile, in concorso per la Palma d’Oro al 76esimo festival di Cannes. Una dichiarazione che non è affatto banale nella sua ovvia semplicità.

Moretti a 69 anni torna a fare un film in cui recita nel ruolo di se stesso, mettendosi a nudo e rispolverando le sue manie, idiosincrasie, passioni e insofferenze che lo hanno reso famoso e popolarissimo dai tempi di ‘Io sono un autarchico’, ‘Ecce bombo’ e ‘Sogni d’oro’. Ed è una sorta di omaggio che Nanni Moretti fa al suo cinema e a se stesso, da Michele Apicella in poi.

In ‘Il sol dell’avvenire’ ritorna al metaracconto del film nel film: se in ‘Aprile’ voleva realizzare un musical su un pasticcere trotskista (già accennato in ‘Caro diario’), stavolta il film che sta girando il regista interpretato da Moretti, che si chiama Giovanni come lui, è ambientato nel 1956 a Roma nei giorni dell’invasione sovietica dell’Ungheria. Un film in cui vuole riflettere sullo spaesamento dei comunisti di allora – interpretati dagli attori Silvio Orlando e Barbora Bobulova -  che si trovano a confrontarsi con la realtà e con un circo ungherese Budavari (ricordate ’Palombella rossa’ e quella ripetizione ossessiva da parte di Silvio Orlando, nel ruolo dell'allenatore della squadra di pallanuoto di Moretti, della frase: “Marca Budavári! Marca Budavári! Marca Budavári!”?).

Un film che si intreccia con la vita del protagonista (Nanni Moretti), un uomo di mezza età che vive un rapporto stanco con la moglie produttrice (Margherita Buy) che ha una figlia musicista (Valentina Romani) che scriverà le musiche del suo film e che si innamora di un uomo molto più anziano di lei (Jerzy Stuhr). La realizzazione del film, con i problemi economici (necessario l’intervento dei produttori coreani dopo quello annunciato ma poi tramontato di Netflix), le incomprensioni con tra il regista che vuole fare un film politico e la protagonista (Barbora Bobulova) che invece ritiene che sia un film d’amore e coinvolge nella sua idea il collega e – nel film nel film – caporedattore dell’Unità e capo della sezione di partito del quartiere Quarticciolo di Roma (Silvio Orlando).

Questo è il racconto in estrema sintesi di ‘Il sol dell’avvenire’. Sembra esaustivo, ma in realtà non dice nulla. Perché il film di Moretti è altra cosa. E’ un ritorno all’antico, è la voglia di prendere in prestito la propria figura di intellettuale insopportabile e odioso e criticare (se non mettere alla berlina) quelle che secondo lui sono delle cose inaccettabili.

Torna la mania delle scarpe di cui Moretti, come già molti anni fa in ‘Bianca’, ne fa una questione filosofica e esistenziale: l’attrice che arriva con i sabot è per lui una sorta di violenza. Le scarpe sono aperte davanti e dietro o sono chiuse davanti e dietro Non esiste una via di mezzo. E poi il concetto si ripete in una delle scene destinate a diventare di culto quando, in macchina con la moglie, parla dell’orrore delle pantofole (qui cita Panatta di ‘La profezia dell’armadillo’ facendo il rumore delle pantofole al suolo o delle scarpe indossate da Anthony Hopkins in ‘The Father’ sotto il pigiama) che accetta solo in Aretha Franklin in ‘The Blues Brothers’.

Ma non sono solo le scarpe a tornare. Moretti rispolvera tutto il suo repertorio, dall’odio per le parole straniere usate con ostinazione e ostentazione dai rampanti giovani di Netflix (qui l’ostilità di Moretti per le piattaforme streaming che uccidono il cinema in sala è dichiarata con forza) al fastidio per i nuovi registi che usano la violenza con banale semplicità.

Al giovane che la moglie produce e che deve girare l’ultimo ciak, un’esecuzione in stile ‘Gomorra’, blocca il set per ore per spiegare che “voi usate la violenza come intrattenimento, con leggerezza” e cita Kieslowski che in una terribile scena lunga sette minuti di ‘Breve film sull’uccidere’ comunica raccapriccio e orrore nello spettatore e, a differenza dei film dei registi di oggi (e qui torna l’invettiva di ‘Aprile’ contro il film ‘Harry pioggia di sangue’) non lascia alcuno spazio all’emulazione. E poi, a supporto delle sue parole, chiama al telefono Renzo Piano e sul set Corrado Augias. Martin Scorsese, invece, non risponde al telefono: c’è la segreteria.

C’è poi la passione per le canzoni italiane degli anni ’60 e ’70 (stavolta c’è anche De Andrè), c’è Fellini con la scena finale di ‘La dolce vita’ (una sorta di citazione come in uno specchio, anche se ‘Il sol dell’avvenire’ è più simile nell’idea a ‘8 ½’), c’è Piazza Mazzini che percorre insieme all’amico produttore francese Pierre (Mathieu Amalric) su un monopattino (“la seconda e ultima volta in cui ci sono andato”, racconta) e con ironia rispolvera un’antica accusa dei critici che scrissero che Moretti girava sempre i suoi film in zona Mazzini: “anche stavolta devo girare almeno una scena in questo quartiere”. 

Poi ci sono le passioni per cantare a squarciagola e massacrare le canzoni, il palleggio un po’ approssimativo con un pallone in piazza, la scena finale con un grande corteo in via dei Fori imperiali in cui inserisce tutti i protagonisti dei suoi film. Manca la Nutella e mancano i dolci in questo film, ma per il resto c’è tutto Nanni Moretti in una summa che si fa piacere anche se non graffia.

Lontani i tempi in cui se la prendeva con chi non conosceva la Sacher torta, oppure diceva a D’Alema di dire qualcosa di sinistra o picchiava chi usava termini come ‘trend negativo’. Ora Moretti è maturo. Ed è cambiato… “poco”, dice lui. E così fa un po’ strano vedere che, in un momento storico come quello attuale, uno dei grandi intellettuali di sinistra guardi al passato e immagini (in perfetto stile Tarantino, che ammette di avere apprezzato in ‘Inglorious Basterds’ in cui riscrive la Storia) come finale del suo film nel film una condanna del Pci di Togliatti all’invasione ungherese. La Storia sarebbe stata diversa (almeno per l’Italia), ma questo è appena accennato. Di politica, infatti, non si parla.

E forse la frase dell’attrice interpretata da Barbora Bobulova – “che ci frega della politica, questo è un film d’amore!" – è quella che un po’ dà la cifra del film, con il regista che vede la fine del matrimonio e non capisce il motivo. E ne soffre. Che accetta la storia della figlia con un uomo molto più anziano. Che accetta i produttori coreani ai quali, comunque, cambia il finale perché troppo simile a quello che potrebbe essere l’epilogo della sua vita. E poi chiude con un corteo, che ricorda molto alla lontana la giostra di ‘8 ½’ – di nuovo Fellini – in cui invece di tutte le donne amate dal regista mette tutti gli attori che hanno lavorato con lui. In un finale che sembra un omaggio a se stesso. Ma a 69 anni Nonni Moretti se lo concede. E a Cannes, ne siamo certi, piacerà.