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Expo, 1 italiano su 2 pensa di visitarla

(ANSA) - ROMA, 24 GEN - Gli italiani pensano che l'Expo sia una grande opportunità per l'Italia: quasi 3 italiani su 4 credono che l'evento possa portare benefici economici e di reputazione e 1 su 2 ritiene probabile che visiterà l'evento durante i sei mesi d'apertura. E' la fotografia scattata da Confturismo-Confcommercio assieme all'Istituto Piepoli sulla percezione degli italiani sull'evento dell'anno. Nonostante le note vicende giudiziarie, gli italiani rimangono ottimisti sul completamento dei lavori.
   
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Egitto: forse danneggiata la barba della maschera di Tutankhamon

La barba della maschera mortuaria del sarcofago di Tutankhamon conservato al museo egizio del Cairo si sarebbe staccata, probabilmente per una pulizia maldestra, e poi è stata rincollata saltando le procedure e in maniera inadeguata: questo almeno secondo autorevoli indiscrezioni dei media non confermate ufficialmente.

Il distacco e il presunto rabbercio del lungo pizzetto è stato segnalato dall'agenzia americana Associated Press ripresa fra l'altro dal sito dell'autorevole sito egiziano Al-Ahram. Il sito el-Araby cita però la smentita del direttore del Museo, Mahmoud el-Halwagui, secondo il quale le informazioni sono il frutto di "divergenze" tra funzionari dell'istituzione. Anonimi dipendenti responsabili della conservazione delle opere hanno dato diversi resoconti dell'accaduto e non è chiaro se la barba azzurrina e dorata più famosa dell'egittologia si sia staccata da sola o durante una maldestra pulizia, ipotesi prevalente secondo il sito el-Araby.

Saltando un passaggio procedurale, la maschera sarebbe stata inviata direttamente al laboratorio di restauro dove sarebbe stata usata una colla adatta alla pietra e non, come nel caso della maschera d'oro, al metallo. Inoltre la barba non sarebbe più dritta come prima. La maschera di Tutankhamon è l'oggetto più famoso della iconografia egiziana e, assieme al tesoro del Faraone, l'attrattiva principale del museo egizio, la meta turistica più visitata al Cairo assieme alle piramidi.
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Carnevale Venezia, la festa dei sapori strizza occhio a Expo

ANSA) - VENEZIA, 24 GEN - Cibo, sapori ma anche storie e rituali culinari. Il Carnevale di Venezia prende per la gola i suoi partecipanti, con un 'menu' di appuntamenti che strizza l'occhio all'Expo di Milano e al tema dell'alimentazione. Il programma della manifestazione si dispiegherà in laguna, puntando sull'Arsenale per alleggerire Piazza San Marco, dal 31 gennaio al 17 febbraio.
   
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Turismo: studio, prenotare aerei 7 settimane prima conviene

Prenotare 7 settimane prima della partenza fa risparmiare circa l'11% rispetto alla tariffa media dell'anno. Emerge da uno studio realizzato da Skyscanner analizzando circa 250 milioni di voli prenotati dagli utenti negli ultimi 3 anni.

    Secondo la ricerca in generale la settimana più economica per viaggiare in aereo risulta essere la 46/a dell'anno (9-15 novembre 2015) e consente un risparmio di quasi il 20%. I risultati d'altra parte mettono in evidenza come il momento migliore per prenotare varia molto da destinazione a destinazione: per esempio, la Grecia in generale deve essere prenotata con solo 6 settimane di anticipo, mentre chi cerca un po' più lontano, ad esempio i molto amati Stati Uniti, dovrebbe prendere in considerazione la prenotazione con 23 settimane di anticipo se vuole avere maggiori opportunità di tariffe più economiche.
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Dormire nelle Grotte, l'esperienza mistica nei Sassi a Matera

di Federico Pucci

La coesistenza di cultura e natura, terra e spirito è una formula che si può applicare a molti luoghi nel mondo, ma solo Matera può vantarsi di proporla nella simbiosi assoluta dei Sassi. Le celebri caverne nel centro della città lucana sono il fiore all'occhiello di un territorio premiato lo scorso ottobre dalla designazione a Capitale Europea della Cultura 2019.

E se il processo dei prossimi 4 anni comporterà senz'altro investimenti sul futuro di Matera e sul suo contributo culturale contemporaneo, nessuno sguardo sul capoluogo delle Murge può prescindere da un salto nel passato millenario dei Sassi, come sarà capitato ai turisti che anche nelle recenti festività hanno premiato il centro della Basilicata. Sito Unesco dal 1993, le grotte materane si inseriscono in un sistema naturale di gravine scavate nel calcare dai venti e delle acque (Parco Naturale della Murgia Materana): la zona, abitata con continuità fin dal Paleolitico, è una testimonianza tangibile della capacità dell'uomo di reinventare un ecosistema.

Fino allo sfollamento del 1952 i Sassi hanno ospitato abitazioni, ma anche chiese e monasteri, in un equilibrio fra spiritualità e natura unico al mondo. Dopo l'abbandono dei Sassi, tuttavia, molte grotte furono colpite dal degrado: è qui che sono intervenuti imprenditori come Umberto Paolucci, che nelle sue Grotte della Civita propone a turisti giunti da ogni parte del mondo un tuffo nel passato con i piedi ancorati nel presente, ma prima ancora un'esperienza spirituale.

Le diciotto stanze dell'albergo sono state ricavate dagli ambienti di un monastero benedettino, fra celle dei monaci trasformate in suite, grotte del vicinato adattate in stanze e una chiesa sconsacrata del XIII secolo che funge da ristorante. Gli alloggi, che arrivano a misurare 160 mq, richiamano filologicamente il passato di frugale rifugio - un tempo dalle incursioni saracene, normanne o bizantine, oggi dallo stress quotidiano.

"Il senso di autenticità che pervade le Grotte della Civita nasce dal rigore e dal rispetto con i quali sono state portate a nuova vita", spiega Umberto Paolucci. Le stanze delle Grotte sono infatti arredate con sobria eleganza, nel massimo rispetto della forma originale: letti, vasche, lavandini poggiano sulla nuda pietra, con lo spettacolo del 'presepe' materano da una parte e della valle del torrente Gravina dall'altra a ristorare lo sguardo. "Il vero lusso è l'appagamento dei bisogni più intimi e veri del sé - continua Paolucci - La verità che si respira in queste grotte è uno strumento potentissimo di arricchimento spirituale".

Il legame fra Matera e l'anima del resto è un punto fermo dell'immaginario italiano, fra Carlo Levi e Pier Paolo Pasolini che in letteratura e cinema hanno espresso la fascinazione mistica del luogo. Ora, da futura Capitale Europea, Matera punta a diffondere questo suo racconto spirituale ben oltre i confini nazionali: "Il cliente di questi luoghi non può non trovare soprattutto se stesso e il senso profondo del vivere, anche se non era venuto per cercarlo", dice Paolucci. Non a caso, a pochi passi dall'albergo, due delle chiese rupestri più antiche di Matera simboleggiano l'armonia di natura e spirito, passato e presente: la Madonna delle Virtù e l'adiacente cripta di San Nicola dei Greci, oggi prestigiose sale per mostre d'arte contemporanea e set cinematografico (ad esempio, per 'La Passione di Cristo' di Mel Gibson). E con il fermento per la nomina europea che scorre per le strade di Civita, del Barisano e del Caveoso, il viaggio nel tempo e nell'anima di Matera pare solo agli inizi.
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Gastronomia. Spezie, la cucina col pepe addosso


Macché mediterranea: la cucina degli antichi Romani ricordava piuttosto quella cinese d’oggigiorno. Per colpa – o merito – di un unico ingrediente: il pepe. La regina delle spezie ricorreva in tale quantità, nella cucina romana, da determinarne il carattere, principalmente attraverso due sapori fondamentali: l’agrodolce e l’agropiccante, oggi rari sulle mense occidentali ma appunto dominanti in quelle asiatiche. Il pepe è il protagonista del brillante saggio di Francesco Antinucci, ricercatore del Cnr, dedicato alla storia del commercio e dell’impiego delle spezie, attraverso la quale si può leggere in controluce la società europea nel corso degli ultimi due millenni.
 
Le spezie, e il pepe non fa eccezione, sono totalmente inutili dal punto di vista pratico: contrariamente a quanto in passato ha affermato molta storiografia – specie di scuola marxista, tesa a individuare moventi economici “razionali” per ogni azione umana – , non servono né a conservare gli alimenti, né a “coprire” il gusto di carni avariate (per farlo, osserva Antinucci, servirebbe talmente tanto di quel carissimo pepe, da rendere di gran lunga più conveniente macellare un altro animale). Già Plinio il Vecchio lamentava esterrefatto la passione dei suoi concittadini per il pepe, e il fatto che «la Penisola Arabica e il Seres [l’Asia centrale patria della seta, ndr] drenano ogni anno al nostro impero la cifra di cento milioni di sesterzi: tanto ci costa il nostro lusso». Un singolo carico di spezie indiane – come quello dell’Hermapollon, del quale Antinucci riporta i registri di navigazione – valeva almeno dieci milioni di sesterzi: cioè un terzo di patrimoni passati alla storia per la loro sconfinata misura, come quelli di Trimalcione o Plinio il Giovane.
 
La chiave è quella già indicata da Plinio: il lusso. Le spezie valgono proprio perché inutili, ma rare, costose, lontane. I tre fattori sono intrinsecamente legati, tant’è che quando uno di essi verrà meno, l’intero sistema economico fondato sulle spezie crollerà. Ma non senza avere nel frattempo segnato la nostra storia. I Romani – quelli ricchi, s’intende – vivevano di pepe: i loro ricettari ne prevedono tanto, e in tale quantità, da caratterizzarne il gusto, a discapito dei sapori locali – “mediterranei”, li chiameremmo oggi – sviliti poiché inefficaci sul piano simbolico.
 
È il noto meccanismo del bisogno indotto: quando un prodotto è inutile sul piano pratico, per smerciarlo occorre assegnargli valore sul piano simbolico. Ma poi in qualche modo va utilizzato: e se per i metalli e le pietre preziose c’è l’oreficeria, per le spezie c’è la cucina. Il saggio correda ogni capitolo – uno per ogni tappa della storia del commercio – con alcuni manicaretti estrapolati dai ricettari delle varie epoche, diventando così anche una storia del gusto (si fa per dire: la dice lunga il significato che ha assunto in italiano la parola che indicava uno degli ingredienti fondamentali della cucina romana, il liquamen: un liquido derivato dalla fermentazione di pesce salato).
 
Fornelli a parte, le spezie per secoli – scrive Antinucci – hanno rappresentato «ricchezza, potere, status sociale; appartenere ai pochi che stanno in alto». Su questa ambizione – una costante della storia umana, in ogni tempo e a ogni latitudine – Venezia, qualche secolo dopo Roma, avrebbe costruito la sua fortuna. Poi sarebbe stato il turno del Portogallo, con l’apertura della rotta che circumnaviga l’Africa. Poi dell’Olanda, che per mantenere il controllo dell’Indonesia produttrice di spezie rinunciò senza esitazione alla sua colonia americana – e Nuova Amsterdam divenne New York... –. Infine degli inglesi, con i quali – siamo già nel XVII secolo – il commercio delle spezie entrò in crisi, vittima del proprio stesso successo: l’ansia di riversarne sempre di più sul mercato portò alla svalutazione del prodotto, e la palma del lusso passò a nuove prelibatezze.  Questa volta da bere: tè, caffè, cioccolato.
 
Francesco Antinucci
Spezie - Una storia di scoperte, avidità e lusso
Laterza. Pagine 162. Euro 16,00
avvenire.it