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La guida 'I Borghi più belli d’Italia' diventa multisensoriale

Nuova veste grafica per “I Borghi più belli d’Italia”, la guida turistica giunta quest’anno all’undicesima edizione, grazie l’inserimento di una'app per la realtà aumentata  che valorizza sensazioni, profumi e sapori che solo la storia e le tradizioni del Belpaese.  Un “apposito simbolo” posizionato accanto all’immagine permetterà d’individuare all’interno della Guida i contributi multimediali, grazie ai quali il lettore si ritroverà a spasso nei paesi e nei centri storici più caratteristici d’Italia, attraverso un’inedita esperienza multisensoriale. L’ App sarà scaricabile gratuitamente sul dispositivo mobile – tablet o smartphone – in versione APPLE IOS o Android e consentirà di accedere a contenuti interattivi extra a partire dalle informazioni presenti sulla Guida. Puntando la pagina individuata con la fotocamera del dispositivo si potranno visualizzare sullo schermo immagini, video, pagine web e link di approfondimento legati alla località, alla sua storia e alle eccellenze che rappresenta. Unite a una serie di aneddoti e curiosità che renderanno ancora più stimolante la conoscenza del luogo. La Guida, quest’anno, sceglie per la sua uscita in anteprima una location d’eccezione, infatti verrà presentata il 1 maggio all’Expo 2015 di Milano, all’interno del padiglione Eataly (dove I Borghi più belli d’Italia avranno uno spazio dedicato).
I borghi nell’edizione 2015, hanno raggiunto il numero record di 245, con l’aggiunta di ben 35 borghi più due onorari: Erice e Borgo S. Antonio. Crescono di anno in anno, ma devono superare l’esame accurato degli standard per l’iscrizione al Club dei Borghi più belli d’Italia. Per farlo questi gioielli si adeguano, infatti, ai parametri di qualità architettonica e paesaggistica richiesti dalla Fédération des Plus Beaux Villages de la Terre di cui l’Associazione italiana è socio fondatore. Gli altri Paesi con una rete di borghi certificati sono Francia, Belgio, Spagna, Romania, Germania, Grecia, Giappone, Canada (a breve si uniranno Portogallo, Malta e Polonia). La Guida nasce dalla collaborazione di SER con il Club dei Borghi più Belli d’Italia, nato nel 2001 su impulso della Consulta del Turismo dell’ANCI (Associazione nazionale dei Comuni italiani). La Guida, ogni anno più ricca, valorizza il grande patrimonio di storia, arte, cultura, ambiente e tradizioni presente nei piccoli centri italiani spesso emarginati dai grandi flussi turistici. Nel 2014 la regione più rappresentata è l’Umbria (22 borghi), seguita da Marche e Abruzzo (20 ciascuna), Liguria (19), Lombardia (18), Toscana (17), Lazio e Sicilia (12), Emilia Romagna e Piemonte (11), Puglia (10) e via via tutte le altre. La storia di ogni borgo, le cose da vedere, i piaceri e i sapori, gli eventi, i musei, un ricco apparato fotografico, guidano il lettore attraverso l’insospettabile ricchezza della provincia italiana, dove la bellezza sedimentata nella storia aspetta solo di svelarsi al visitatore curioso.
Il portale dei Borghi più belli di ItaliaDall’incontro fra due realtà editoriali creative e dinamiche: Società Editrice Romana e 3SComunicazione nasce l’idea di restyling e sviluppo del sito dei “Borghi più belli d’Italia”, all’interno di un progetto più ampio di rilancio del turismo in chiave “digital”, basato sulle tendenze e sulle tecnologie oggi più attuali nel campo del web e della multimedialità. Contenuti nuovi e più accessibili, maggiore interattività e una ricca galleria di immagini che valorizzano i territori. Rinnovato nella grafica e nello stile, il nuovo portale è stato realizzato dalla società di comunicazione digitale iVision Group di Udine(*) e si ispira ad alcuni fondamentali topics del destination management turistico: relazione più diretta e interattiva con il pubblico, informazioni facilmente estraibili, contenuti più emozionali, integrazione con i social e con il mobile (grazie a un design responsive che consente l’adattamento automatico a tablet e smartphone), e una maggiore attenzione a quello che il “turista cerca e si aspetta”. Tra le novità, ad esempio, c’è la “mappa interattiva” che permette di navigare il territorio nazionale attraverso chiavi di ricerca che filtrano le località sulla base di una specifica combinazione di preferenze.
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Enit, con Pasqua e Expo crescono gli arrivi da oltreoceano

L'onda lunga delle vacanze pasquali farà da traino ad una serie di appuntamenti in Italia per i quali si prevede una crescita sostenuta degli arrivi internazionali dai mercati d'oltreoceano, come India, Corea, Emirati Arabi, Cina, Usa e Canada, grazie anche al potenziamento dei voli intercontinentali e dei collegamenti ferroviari ad alta velocità. E' quanto emerge da un'indagine dell'Enit, realizzata in vista delle festività pasquali, su 154 tour operator stranieri presenti in 25 mercati internazionali.
In Europa rispondono bene il mercato inglese, francese e spagnolo, olandese, polacco, ungherese. Trend in salita anche per gli arrivi da Paesi lontani come Giappone, Australia e Argentina. Crescita più contenuta - secondo l'Enit - per l'incoming dai Paesi di area tedesca come Germania, Austria, Svizzera e Belgio, dai mercati nordici e dal Portogallo. I flussi turistici dalla Russia hanno subìto una consistente frenata e le previsioni per l'anno in corso sembrano essere le peggiori dell'ultimo ventennio. Anche la situazione economica del Brasile penalizza il turismo in entrata. Il 'sentiment' degli operatori intervistati dall'Enit è in linea di massima positivo anche in vista di Expo 2015 anche se ulteriori azioni di comunicazione, in particolare verso i potenziali turisti, potranno influire sull'aumento di visite per l'evento.
Le città d'arte rimangono il prodotto più venduto dai tour operator esteri, sia europei sia oltreoceano, nei pacchetti che hanno come destinazione l'Italia. Molto gettonati i laghi del Nord, le località del Sud e delle Isole (buone prospettive per Sicilia, Campania e Puglia). Trend in salita per il turismo religioso che coinvolge anche località di provincia, fuori dai consueti percorsi turistici, che conquistano sempre più punti nella graduatoria dei luoghi più visitati dagli stranieri. "Siamo di fronte ad un anno di svolta - commenta il commissario straordinario dell'Enit, Cristiano Radaelli - per Expo, per la grande serie di importanti eventi programmati e per la favorevole situazione dei cambi rispetto all'euro. È una grande opportunità e sono certo che il turismo potrà contribuire ancora più che in passato alla crescita economica del Paese".
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VIVICITTA’ 2015. Dieci giorni separano Reggio Emilia dalla grande corsa per tutti


Reggio Emilia – Il centro storico di Reggio si prepara alla pacifica invasione dei partecipanti all’edizione 2015 di Vivicittà, che avverrà domenica 12 aprile. A dieci giorni dalla grande manifestazione Uisp, il numero di adesioni è già arrivato a 2.500 con una sentita partecipazione da parte delle scuole.
Tutte le novità verranno presentate in conferenza stampa giovedì 2 aprile alle 11.00 nella sede del Banco S. Geminiano e S.Prospero – Gruppo Banco Popolare.

Gli organizzatori preannunciano che l’obiettivo è quello di continuare a crescere allargando sempre di più le fila della manifestazione, che la Uisp portò a Reggio Emilia nel 1985 consegnando la città a pedoni e ciclisti.

Alta l’asticella della sostenibilità ambientale, che rimane uno dei punti cardine di tutte le manifestazioni Uisp grazie all’adozione delle linee guida stilate dalla Uisp Emilia-Romagna e presentate in occasione di un convegno sugli eventi sostenibili in programma mercoledì 8 aprile allo Spazio Gerra.

La manifestazione è attesa in città domenica 12 aprile con la corsa per tutti in partenza da Piazza Martiri del 7 Luglio. Sabato 11 aprile giochi, laboratori e un'insolita caccia al tesoro nelle vie e tra i negozi del centro a cui tutti sono invitati a partecipare.
Per iscriversi è sufficiente inviare una mail a info@maratonadireggioemilia.it.

Circo Medrano a Reggio Emilia

I mezzi del circo Medrano sono approdati a Reggio Emilia. Il debutto avverrà giovedì 12 marzo.
Il circo Medrano sarà presente a Reggio Emilia per 12 giorni, precisamente fino al 23 marzo, dove lochapiteau sarà installato in via Del Chionso (vicino Seta Trasporti).
La storia dei Casartelli è quella di una grande dinastia di artisti le cui radici affondano al 1873. Piero Casartelli sposa Albina Fedrigon, una ragazza appartenente al mondo del circo. Dal loro matrimonio nasce Umberto Casartelli che sposatosi con Rosina Gerardi (1898 - 1974) di solida famiglia circense – darà il via alla grande famiglia circense cui ancora oggi sono affidate le glorie del Medrano. Dopo la prematura scomparsa di Umberto, a mamma Rosina toccherà l’arduo compito di proseguire l’attività circense coi quattro figli Jonne (1919 – 1999), Liliana (1921 – 2004), Leonida (1924 – 1978) e Lucina (1931 – 2003). Con il coraggio e la determinazione delle vere donne del circo, mamma Rosina darà vita all’Arena Rosa con i materiali recuperati: alcune tavole prestate da muratori, due antenne piantate a terra per il trapezio e gli anelli, e una scorta di cassette da pasta e sapone utilizzate quali sedie e panche. Nel 1939 Rosina acquista dalla famiglia Togni il primo chapiteau, (termine francese che significa tendone) sotto al quale nasce il circo “Arena Rosa”. I figli crescono e gli sforzi della donna sono ricompensati dai primi guadagni: il circo si dota di strutture nuove e dei primi animali: cavalli ben dressati. Sotto questi auspici la famiglia Casartelli compie un altro passo decisivo nasce il “Circo Aurora”.
 Man mano che i figli di Rosina crescono la gestione del circo passa nelle mani di Leonida Casartelli che per il carisma e la capacità di condurre l’impresa di famiglia sarà da tutti riconosciuto come il “Grande Capo”. Nel 1943 Leonida sposa Wally Togni e dalla loro unione nascono sei figli: Ghisi (1944), Joset (1947 – 1997), Heros (1949), Elio (1952), Davio (1956) e Liviana (1960).


Il 25 Aprile 1945 a Melegnano (MI) avviene il passaggio dei poteri da Rosina a Leonida. In varie occasioni Leonida dimostra di possedere buon fiuto nella scelta delle “Piazze”, buonissimo intuito per la formazione dei programmi, e infine, di avere una personalità già formata, mettendo a frutto una forza di volontà e un’ intraprendenza di spiccata discendenza materna. In motocicletta “ il nuovo direttore” va alla ricerca delle “piazze”, ma ogni sera ( e anche nei pomeriggi ) Leonida è pronto ad entrare per le sue varie prestazioni.
Nel 1949 il circo Aurora appartiene alla seconda categoria. Durante l’anno viene acquistato il primo elefante e poco dopo un gruppo di leoni. Nel 1951 Leonida, nelle vesti di Tarzan, entra per la prima volta in gabbia e debutta con un numero di leoni e tigri che rimarrà nei ricordi di tutti.
Nel 1958 Leonida Casartelli porta il proprio complesso fuori dai confini nazionali per una tournée in Spagna che durerà due anni, prima come Circo Aurora e successivamente con l’insegna “Circo Nazionale Spagnolo Coliseum”. In questi anni il circo della famiglia Casartelli si lancia alla scoperta di nuovi territori presso cui esportare il modello circense italiano: Spagna, dunque, ma anche Turchia, Bulgaria, Israele, alternando stagioni all’estero a permanenze in Italia con varie insegne: Circo Ker Kroll, Circo di Barcellona, Circo Heros.
Il 1972 è l’anno della svolta: a Varese i Casartelli debuttano con il “ CIRCO MEDRANO” un grande circo accompagnato da uno sterminato zoo arricchito da un mastodontico gorilla (unico in Italia), numerosi elefanti, cavalli, zebre, cammelli, un orango e un rinoceronte bianco, un prezioso esemplare che solo il Medrano può offrire al pubblico e due splendide giraffe.
Da allora il Medrano è rinomato per la ricchezza dei suoi spettacoli e la cura dei suoi numeri con animali applauditi numerose volte al Festival del Circo di Montecarlo e vincitori di prestigiosi premi. Davio Casartelli in questi anni crea fantastici numeri di elefanti, tra cui un esercizio unico che vede la tigre cavalcare l’elefante in libertà e senza gabbia e il numero in cui gli elefanti azionano le bascule.
I CASARTELLI: la pi
ù grande famiglia di circo.
La famiglia Casartelli è stata recentemente definita nel Principato di Monaco “La più grande famiglia di circo di alto livello in attività”. Effettivamente si tratta di un nucleo numeroso la cui forza e determinazione è all’origine dei grandi successi internazionali. Dei figli di Leonida Casartelli (1924-1978) e Wally Togni (1921) abbiamo già ricordato che sono nati sei figli: Ghisi sposata con il giocoliere Alberto Sforzi dalla cui unione sono nate Denise (1970) e Ilenia (1973). Josette sposata con un altro giocoliere Luciano Bello e dalla cui unione sono nati Ronni (1973) e Steve ( 1977 ), acrobati icariani scritturati al Cinque du Soleil. Elio sposato con Rosy Duran ha tre figli: Braian (1977), sposato con
Kinereth Huesca; Ingrid (1979) sposata con Miguel Lima e Leslie (1982) sposata con Ferdinando Mendola. Davio che sposa l’acrobata Wally Huesca ed ha una figlia : Alexis (1984). Liviana sposata con il trapezista Kindy Hones (1954) genitori di Sendi (1982) e Stephanie (1987). Per ultimo si sposa Heros con Viviana Riva e dalla loro unione nascono Sharon (1991) e Jordy (1992). E intanto sta crescendo la settima generazione …

Il Grand Hotel Adriatico riapre le porte al Teatro


Il progetto della famiglia Caridi di avvicinare i fiorentini alle loro strutture continua, dopo l’ormai consueta mostra di presepi di Claudio Ladurini ed i festeggiamenti per i 50 anni dell’Hotel Rivoli, è il Grand Hotel Adriatico a riaprire le sue porte grazie alla ormai consolidata collaborazione con Nexus Studio: un centro studi polivalente che organizza e accoglie attività didattiche, stage e spettacoli da 12 anni sul territorio fiorentino.
L'11 Marzo il 12 Marzo e il 13 Marzo 2015 alle ore 21:00 il Grand Hotel Adriatico ospiterà lo spettacolo teatrale intitolato “Reading Novecento” tratto da “Novecento” di Alessandro Baricco,sotto l’attenta regia e con la partecipazione di Ciro Masella.
Dopo il grande successo riscosso lo scorso anno con la messa in scena di “Piccoli Crimini Coniugali”, “Appartamento al Grand Hotel Adriatico” e “Beatles’ Drama” (quest’ultima una rappresentazione teatral-musicale che ha coinvolto e scatenato i presenti), torna un gradito appuntamento: quello con il teatro ospitato nel nostro albergo – dichiara la proprietaria Chiara Caridi – lo spettacolo infatti è uno dei primi appuntamento per il 2015 e si svolgerà come di consueto all’ interno di uno delle sale del Grand Hotel Adriatico, dando così al pubblico la possibilità di dividere lo stesso spazio con gli attori, in modo da non essere semplice spettatore ma di vivere da vicino la rappresentazione.
Ciro Masella offre al pubblico l’occasione di immergersi nelle pagine di Baricco e di lasciarsi cullare dalle parole: aprire il cuore e la mente per farsi trasportare in mezzo al mare, a volte calmo a volte in tempesta, a bordo di una nave grande e maestosa, in compagnia di un equipaggio bizzarro ad ascoltare jazz e “la musica che prima non c’era e dopo non ci sarà mai più”, suonata dal più grande pianista che abbia mai solcato l’oceano, quello che ebbe il coraggio di suonare la propria vita come sulla tastiera di un pianoforte, in un’unica nota infinita, ma che da quella nave non scese… mai.
Una delle più belle storie mai raccontate: intesa, commovente, divertente e assurda… come la vita.
INFO E PRENOTAZIONI:
NEXUS STUDIO 347.5768067 o info@nexustudio.it
Prenotazione Obbligatoria
11, 12, e 13 Marzo 2015 ore 21:00
Biglietto unico: 12 €
Il GRAND HOTEL ADRIATICO accoglierà il pubblico a partire dalle ore 19.30 e, per chi lo desidera, sarà disponibile, oltre al consueto servizio bar, un servizio di “aperi-cena” al costo di 10 € (solo su prenotazione).
Per riferimenti e maggiori dettagli: Daniele Benelli
Responsabile Grand Hotel Adriatico
Tel. +39 055 27931
dbenelli@hoteladriatico.it

Musei Capitolini L'angoscia va in mostra: il PERTURBANTE dei Romani

È un dato di fatto che cogliere lo stato d’animo di un romano del secondo e terzo secolo dopo Cristo osservando un ritratto in scultura dell’epoca è cosa ardua. Per ovvie ragioni: non conosciamo il personaggio, ma soprattutto diciotto secoli di storia ci separano dal suo mondo e dal suo modo di vivere. Si aggiunga il fatto che un ritratto dell’epoca partecipava della scena pubblica sulla quale si proiettava e come tale ne acquisiva il linguaggio e il senso retorico. La storia è sempre una narrazione di qualcosa che in gran parte ci sfugge quanto più è lontano nel tempo ciò di cui si parla; bisogna immaginare, pensare, ipotizzare ma la certezza che si sia giunti a una verità (a volte diversa da quella affermata dai documenti o dai testi coevi), non è mai assoluta. Figurarsi se si entra in questioni “psicologiche” come quella cui si lega il tema della straordinaria mostra allestita ai Musei Capitolini sull’Età dell’angoscia,  quella tra il 180 e il 305 d.C., ovvero dall’avvento 
di Commodo alla morte di Diocleziano (che lascerà il trono a Costantino, imperatore che segna lo spartiacque oltre il quale il cristianesimo diventerà religione di Stato). 

L’angoscia si lega, nell’interpretazione dell’epoca in questione, al concetto di decadenza. Forse il “sintomo” più rilevante, per capire il rivolgimento totale che caratterizza quei secoli, è il contrappunto fra la perdita di centralità di Roma dopo la morte di Commodo (che fu, in un certo senso, il conato dell’epoca precedente segnata dalla grandezza imperiale voluta da Marco Aurelio) e il moltiplicarsi delle sedi imperiali e di nuove imponenti architetture il cui aspetto, come sottolinea Claudio Parisi Presicce (che con Eugenio La Rocca e Annalisa Lo Monaco cura la rassegna), spesso è quello di castelli fortificati. Parisi nota anche, di rimando nella bibliografia, che urge un lavoro storiografico sul fenomeno delle “città capitali” degli imperatori. 

L’impressione è che questa perdita della centralità spinga gli imperatori a disseminare sui territori dominati una architettura di presidio del potere, un’architettura fortemente militarizzata nella concezione, pronta a rendere la forza di un imperium che in realtà si sfalda per ragioni economiche, per l’influenza delle religioni che vengono da Oriente e per una profonda crisi dei valori morali. L’arte ne capta (o ne anticipa) i sentori. Abbiamo assistito a qualcosa del genere anche nel Novecento: il monumentalismo dei regimi enfatizzava le forme per tenere sotto controllo le spinte disgregative di un corpo sociale che combatteva con l’incertezza del futuro. 

Sia Parisi che La Rocca evocano il libro di Auden del 1947: L’età dell’ansia, che diventa quasi il testimone retrospettivo di un’analogia tra il tardo impero romano alla crisi antropologica del “secolo breve”. Certo suona allusivo il breve excursus sull’angoscia che Parisi compie chiamando in causa oltre ad Auden, Kierkegaard e Heidegger. L’angoscia non è la paura, che di solito si lega a una minaccia precisa, è un sentimento suscitato da qualcosa che resta incircoscrivibile, come un’aura negativa, o, avrebbe detto Freud, il “perturbante”. Sentire la terra venir meno da sotto i piedi ma non poter attribuire il fenomeno a un centro tellurico: il crollo è una possibilità, un sentimento diffuso d’instabilità, che ci fa “sentire” la fragilità del mondo anche se i muri ancora non tremano. Per quanto riguarda il tardoantico è trascorso oltre un secolo da quando Franz Cumont mise in luce l’influenza delle religioni orientali (considerava tale anche il cristianesimo) sul paganesimo romano; molte cose che scrisse sono state superate da un’articolazione più specifica sul piano degli studi socio-storici (vedi le ricerche di Peter Brown) e storico-religiosi, ma l’analisi di una nuova e diversa “emotività” esistenziale rimane calzante: col cristianesimo e i culti orientali, diceva Cumont, la religione romana «cessa di essere legata a uno Stato per divenire universale; essa non è più concepita come un dovere pubblico, ma come un’obbligazione personale; essa non subordina più l’individuo alla città, ma pretende innanzitutto di assicurare la sua salvezza particolare in questo mondo e soprattutto nell’altro». 

  Lo sforzo che viene compiuto dai curatori della mostra è quello di articolare, su materiali in gran parte presenti nei depositi dei Musei Capitolini, ma con prestiti internazionali importanti, una prospettiva più ampia che non leghi quella svolta soltanto all’avvento del cristianesimo: per quanto, l’idea di Brown – ricordata da La Rocca ed espressa nel lontano 1978 – che nel III secolo d.C. non vi fu una rivoluzione indotta dalla nuova religione che sia paragonabile come impatto alla spinta indotta dal movimento dionisiaco che mutò la percezione del sacro nel mondo greco, resta valida retrospettivamente alla luce del processo che portò il cristianesimo a diventare la religione dell’impero fino ad assimilare certe manifestazioni del paganesimo rovesciandone il valore semantico: basti pensare all’iconografia del Buon Pastore, di cui in mostra è esposta la scultura del III secolo rinvenuta in uno scavo a Porta San Paolo verso la fine dell’Ottocento. Si potrebbe dire una dirompente continuità tra cristianesimo e cultura latina che ha fondato l’Occidente. 

La trama su cui questa mostra si distende ha nel ritratto il filo conduttore con decine di teste e busti dell’epoca; a questo si legano affondi sulla presenza militare, sulla strutturazione urbana di Roma, sulle dimore private, sulla religione e, nelle due sezioni conclusive, il rapporto con la morte e gli usi funerari. Proprio nel Sarcofago di bambino della Fondazione Santarelli, databile al 220 d.C., la figura della mano che sorregge il volto affranto dei congiunti riprende una forma tipica dell’angoscia: la malinconia indotta dalla perdita, a cui corrisponde una compostezza nel portare il “dolore di vivere” che pare mettere a frutto la pedagogia della morte cristiana (nei Padri della Chiesa è ricorrente la critica alle manifestazioni di abbandono eccessivo al dolore, come nelle prefiche greche, perché era il sintomo di un attaccamento alla terra e della mancanza di fede nella promessa del riscatto di Cristo). I ritratti che accolgono il visitatore fin dalla prima sala del Museo ci attirano forse più per gli elementi accessori che per una evidente testimonianza di angoscia come oggi spesso viene intesa: è invece un’angoscia severa, introiettata (non in senso psichico, bensì in una forma virile, una padronanza di sé che è un modo di resistere, se vogliamo, allo sfaldamento del proprio mondo): il ritratto di 
Commodo come Ercole con i torsi di Tritoni sembra già una manifestazione ironica della fiducia nel proprio passato rispetto a un futuro che si annuncia declinante. 

  Bernard Berenson, scrivendo della forma “non eloquente” di Piero della Francesca, scherniva il gusto di chi ha bisogno delle espressioni forti, drammatiche, lacerate, per esprimere un sentimento. Arrivava a dire che nelle figure di Piero «l’energia vitale si manifesta nell’azione di polsi e caviglie», e aggiungeva: «Se pensano o sentono qualcosa in particolare, i loro lineamenti non lo tradiscono. Essi sono rappresentati in quanto esistono, in sé e per sé, con tanto poco da dire, oltre a ciò che la loro forma e sostanza già rivela, quanto cime di monti all’orizzonte». Così, questa mostra ci invita a leggere l’angoscia in un impercettibile movimento delle sopracciglia, in uno sguardo obliquo, nell’accuratezza con cui è resa un’acconciatura dei capelli, nello scavo delle rughe su un viso. Mai in un abbandono esplicito al demone della disperazione. È così che ci si mostra all’altezza del proprio passato. Quando tutto crolla saper guardare in faccia il pericolo come se si andasse incontro alla vittoria. 
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