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Album rari e nuove uscite al DiscoDays


NAPOLI - Appoggiare la puntina sul disco appena spacchettato, sentire il profumo della stampa, ascoltare. Il web non ha condizionato i veri appassionati di musica, che continuano a collezionare compact disc ma soprattutto dischi in vinile, tornati alla ribalta negli ultimi anni. Alla diciassettesima edizione di DiscoDays, la fiera del disco e della musica, se ne troveranno di ogni: album rarissimi e nuove uscite, in vinile ma anche in cd e in cassetta. Alla manifestazione culturale ideata per promuovere l'ascolto della musica e in programma domenica 9 ottobre al complesso Palapartenope di Napoli e nel week end del 10 e dell'11 dicembre al Palafiori di Sanremo, saranno allestiti stand con dischi e memorabilia e sono previsti concerti, mostre, incontri, premi.
    Ci sarà il mondo mainstream ma anche le etichette indipendenti, la musica della tradizione e le giovani promesse. Tra gli ospiti della prima tappa della manifestazione, a Napoli, il cantante e attore Peppe Barra che riceverà il Premio DiscoDays per il suo ultimo album "E Cammina, Cammina", e Francesco Di Bella, ex frontman dei 24 Grana, con il suo primo album solista "Nuova Gianturco", che mescola la tradizione della canzone partenopea con contenuti musicali contemporanei.
L'album di Barra è, invece, un concentrato di brani classici con riferimenti a grandi artisti del teatro e della musica napoletana. L'amore e il viaggio sono i temi costanti del disco, in cui non manca l'omaggio al cantautore e musicista recentemente scomparso Pino Daniele. Il premio DiscoDays Giovani sarà invece assegnato al duo di Napoli dei Blindur. In occasione dei venti anni di "Anime salve", ultimo album di Fabrizio De André, la mostra "Bocca di Rosa e altre storie...!" ricorderà il valore artistico, poetico e culturale del cantautore genovese attraverso l'esposizione di stampe, riviste e foto esclusive.
    DiscoDays sarà un'occasione per ascoltare, scambiare, divulgare capolavori del passato e nuovi lavori. Per condividere la passione per la musica e per il vinile.
ansa

Da antico rifugio pastori a hotel charme in Sardegna

NUORO - Dormire negli antichi rifugi dei pastori. Assaporare la Sardegna di un tempo con i comfort moderni. Fino agli anni Cinquanta era un villaggio con decine di 'pinnattos'. Oggi Sardinna Antiga, a Santa Lucia di Siniscola (Nuoro), costa orientale della Sardegna, è una struttura di ospitalità d'élite.
    Legno, pietra, argilla, chiodi, sughero e canne. Sono i materiali utilizzati per riportare in vita esattamente dove erano disposte e come erano realizzate le costruzioni della antica tradizione agropastorale. Un patrimonio storico e antropologico dell'Isola sottratto all'oblio e valorizzato e riutilizzato a fini turistici.
    Un angolo di paradiso immerso nel verde, in un vallata dominata dal bianco massiccio calcareo del Mont'Albo. In due minuti si raggiunge la spiaggia e il villaggio dei pescatori.
    Un'oasi di pace, bellezza, natura. Il cemento è bandito a "Sa Petra e S'Ape", la località dove Tina Corda e Giovanni Conteddu, con i figli David e Kimberly, sulle tracce di quegli antichi insediamenti di "pinnattos" che richiamano i villaggi nuragici, hanno realizzato la loro 'Bio Hospitality': otto stanze, che presto diventeranno una trentina.
    Biologico ed ecosostenibile sono i punti di forza di Sardinna Antiga. Una vera e propria novità nel settore della ricezione turistica di qualità e che s'inserisce nella tipologia di Albergo diffuso. Si dorme non in ambienti squadrati ma circolari col tetto a cono. Al risveglio ad attendere gli ospiti c'è l'abbondante colazione bio, equo solidale e con riguardo verso vegetariani, celiaci, vegani. Un trionfo di sapori e gusti anche insoliti. Sa Pompia, un agrume, Slow Food di Siniscola, tiramisù al Mirto, spremute fresche di vari frutti, caffè di cicoria, frutta dell'orto a volontà, ricotta del pastore. Non sono che pochissimi esempi. Tutto certificato e di alta qualità.
    Bandito il fumo ed il wifi, niente scarichi fognari sostituiti al loro posto da impianto di fitodepurazione.
    Graditissimi gli animali domestici che vengono accolti da uno scodinzolante e affettuoso Teddy. Se il rustico è imperante non mancano certo raffinatezza e tocchi di eleganza. L'impianto doccia in legno e il pianale di sassolini levigati fanno da massaggio alla pianta dei piedi. Creme e saponi bio, in camera acqua di fonte del Montalbo dentro anfore in terracotta, lampade al sale per conciliare il sonno, biancheria realizzata al telaio. E fuori lo spettacolo della natura circostante, gerani in fiore, api e farfalle variopinte che svolazzano, poiane e gufetti, notti stellate su un cielo limpido e un silenzio rigenerante.
ansa

Sulla via dei Sanniti, da Campobasso a Termoli



CAMPOBASSO - Lungo gli antichi tratturi dell’Italia centro-meridionale si snoda un percorso, suggestivo e panoramico, che si inerpica sulle montagne degli Appennini molisani e arriva fino al mare: è la storica strada sannitica, voluta da Carlo III di Borbone per collegare il Regno di Napoli al Molise, e che oggi è diventata la strada statale 87. In terra molisana il tragitto parte da Campobasso, viaggia tra boschi e colline che nascondono casolari e chiesette di campagna e attraversa due grandi centri d’arte, Casacalenda e Larino; infine arriva a Termoli, in direzione Adriatico, ripercorrendo l’antica via d’erba dei Sanniti, che vivevano queste terre agresti e che lasciarono testimonianze artistiche e gioielli architettonici da scoprire. 
La città di Campobasso, dominata dal castello Monforte, si sviluppa su tre livelli ma è nella zona antica che meritano una vista le chiese romaniche di san Bartolomeo, dalle linee essenziali e con i bassorilievi realizzati da abili artigiani, e di san Giorgio, la più antica della città, edificata su un tempio pagano nel 1099, al cui interno si trova la statua di san Giorgio mentre infilza il drago con la sua lancia; è interessante anche la cattedrale con il suo originale porticato neoclassico. Prima di lasciare la città è bene recarsi nel Museo provinciale sannitico, che espone pregevoli testimonianze dell’antica civiltà che popolò il territorio.
Uscendo dal capoluogo si viaggia in direzione mare e, dopo una deviazione di dieci chilometri fino a Matrice, si scorge lungo la vecchia strada provinciale e isolata tra le colline la chiesa romanica di santa Maria della Strada, del XII secolo, la cui facciata è decorata da elementi rupestri che ricordano il passaggio degli animali sulla via della transumanza. Nella vicina Petrella merita una visita la chiesa di san Giorgio, gioiello d’architettura romanica, nascosto tra le vie del piccolo paese medioevale.
La strada prosegue fino a Casacalenda, borgo dominato dal massiccio del Matese che regala scorci e paesaggi mozzafiato: se d’inverno qui tutto è imbiancato per piacevoli sciate, in primavera e d’estate i sentieri invitano a passeggiate tra praterie e valli, tra grotte, laghi e sorgenti. La parte più antica del borgo è adagiata sulla collina mentre la zona medievale ha una singolare forma ellittica; qui, da visitare, ci sono il palazzo Ducale e una strada (che tutti chiamano “piazza”) con case signorili che ricordano una quinta teatrale. Nel centro del borgo, in corso Roma, qualche anno fa è nato il progetto Kalenarte che ha realizzato il museo all’aperto di Casacalenda con installazioni permanenti realizzate da artisti del territorio.
La strada sannitica riprende e percorre un vasto territorio senza centri abitati dove lo sguardo spazia su colline, vallate e dossi; dopo un’ottantina di chilometri si arriva a Larino, con un abitato d’epoca romana e un nucleo medievale. Tanti sono i gioielli architettonici da ammirare: l’anfiteatro con i mosaici, i palazzi e le ville nobiliari, le chiese e la cattedrale in stile romanico-gotico.
I tratturi molisani, come questo itinerario sannitico, seguono strade tortuose e scomode ma bellissime; per vivere da vicino queste strade esiste la possibilità di seguire i pastori nella transumanza, ossia nello spostamento stagionale degli animali, accompagnandoli in questo viaggio di altri tempi che permette di riscoprire sapori e tradizioni spesso dimenticate, come quelle di ammirare la lavorazione artigianale di campane e zampogne.
ansa

Van Gogh, nei disegni la vita vera

OTTERLO (OLANDA) - Non la rappresentazione veritiera del mondo circostante, ma l'immagine della vita stessa, da riprodurre sulla tela con tutte le imprecisioni che sono "più vere della realtà letterale": a questa ossessione che accompagnò Vincent van Gogh agli albori della carriera il Kröller-Müller Museum di Otterlo in Olanda dedica la grande retrospettiva The early Van Gogh: "work against indifference", allestita fino al 9 aprile. Esposte circa 120 opere risalenti al periodo 1880-1885, per lo più disegni, nei quali è evidente l'impegno dell'artista di acquisire maggiore tecnica al fine di dare volume e movimento alle immagini. Nella mostra, curata da Auke van der Woud, particolare risalto viene dato all'attenzione rivolta da van Gogh alle persone più umili, costrette a lavorare duramente in umili botteghe o nei campi, in qualsiasi condizione atmosferica. Ad accompagnare le opere molti i testi e le fotografie realizzate da Henry Berssenbrugge (1873-1959), a testimonianza dell'interesse inusuale di Van Gogh per l'uomo della classe operaia nel contesto del tardo Ottocento.
ansa

Sulle tracce della monaca di Monza

MONZA - La città di Monza dedica alcuni eventi speciali a Marianna de Leyva y Marino, nobildonna spagnola che a 13 anni fu costretta dal padre, conte della città, a prendere i voti nell’ordine di san Benedetto e che, come suor Virginia Maria, dal 1598 al 1608 visse una storia scandalosa. La sua clamorosa vicenda ispirò pittori, registi, fumettisti e romanzieri, a cominciare da Alessandro Manzoni che creò la figura di suor Gertrude – la celebre Monaca di Monza - ne I promessi sposi, seguendo la tragica storia della nobile novizia.
Le cronache della città lombarda narrano che, dopo la pronuncia dei voti monacali, Marianna de Leyva entrò nel convento di santa Margherita da dove amministrò il feudo di famiglia che confinava con la casa di Gian Paolo Osio, un giovane ricco e bello. Suor Virginia ne rimase affascinata: lo sfrontato giovane le rivolse parola e, come disse il Manzoni, “la sventurata rispose”. Dalla loro relazione nacquero due figli, motivo per cui Gian Paolo venne condannato a morte e suor Virginia subì un processo e la reclusione perpetua in una cella.
Oggi è possibile riscoprire le vicende tumultuose di suor Virginia in due mostre e in un tour per le vie di Monza: dal primo ottobre al 19 febbraio il Serrone della Villa Reale ospita la mostra La Monaca di Monza, che ripercorre con dipinti e documenti la storia vera e letteraria di Marianna de Leyva; fino all’8 gennaio nei bellissimi e preziosi Musei civici, invece, è stata allestita l’esposizione La Monaca di Monza. Dal romanzo al cinema al fumetto. Per ricordare e approfondire la figure della monaca, inoltre, il 2 e il 9 ottobre è possibile seguire due tour Sui passi della Monaca di Monza con partenza dai musei e fino a novembre assistere alle rappresentazioni teatrali itineranti in costume, organizzati dal comune della città.
Sono numerosi i luoghi che ripercorrono la vita reale e letteraria della celebre suora: l’attuale chiesa di san Maurizio era il vecchio monastero di santa Margherita; in via Marsala c’è l’ex convento dei Cappuccini citato da Manzoni e in via Lecco si trova il convento della celebre Monaca, oggi sede di un liceo artistico. Infine, in pieno centro si può percorrere una via dedicata alla contessa de Leyva, il cui tracciato costeggia l’antico giardino dove un tempo sorgeva il monastero di santa Margherita.
Suor Virginia non è l’unica donna celebre a Monza; ci sono altre due figure femminili che hanno contributo a rendere famosa e più bella la città lombarda: Teodolinda, la regina dei Longobardi, e Margherita di Savoia, moglie di re Umberto l. La bavarese Teodolinda fu una grande mecenate che regalò a Monza, capitale estiva del regno longobardo, una ricca basilica dedicata a san Giovanni, un palazzo reale con preziosi oggetti d’arte e numerose chiese sparse per tutto il territorio. La basilica di Teodolinda è l’attuale duomo di Monza, al cui interno si trova una cappella dedicata all’amata regina dei Longobardi, affrescata dai pittori Zavattari. Anche la presenza di Margherita di Savoia influì sulla cultura della città: l’arte Liberty, infatti, qui prese il nome di “stile Margherita” con eleganti forme sinuose e ornati floreali in pietra e ferro, presenti sulle facciate dei palazzi del centro: dalla Villa Reale alla cancellata della cappella Espiatoria e ai villini di viale Cesare Battisti.
ansa

La video arte entra in Vaticano e si può toccare


MUSEI VATICANI - L'invito, per una volta, è di contravvenire a tutte le regole. Anche se siete in uno dei musei più importanti del mondo, avvicinatevi e toccate l'opera. E' così che la video arte irrompe nella sacralità dei Musei Vaticani con "In Principio (e poi)", prima videoinstallazione interattiva entrata a far parte in maniera permanente della loro prestigiosa collezione d'arte contemporanea, realizzata dallo storico gruppo milanese Studio Azzurro di Fabio Cirifino, Paolo Rosa (scomparso nel 2013) e Leonardo Sangiorgi. Da domani inserita a pieno titolo nel percorso dei visitatori, subito prima della sala dedicata a Matisse, l'opera fu pensata nel 2013 per il primo Padiglione della Santa sede alla 55/a Biennale Internazionale d'Arte di Venezia, dedicato al Libro della Genesi, raccontando la Creazione (accanto alla De-Creazione del fotografo Josef Koudelka e la Ri-Creazione interpretata da Lawrence Carroll). Una grande sala buia, riallestita dallo stesso Studio Azzurro insieme all'architetto Roberto Pulitani, con tre pannelli e una pedana, nelle quali si intravedono forme, colori, uomini e donne che appaiono dal buio, in attesa. "E' un'opera completamente innovativa, multimediale e interattiva, proprio nel cuore dei Musei vaticani", racconta all'ANSA la curatrice della Collezione d'Arte contemporanea, Micol Forti. "Bisogna avvicinarsi e toccare le superfici", spiega, perché solo dal contatto con le mani, quasi una citazione della Creazione michelangiolesca custodita lì a pochi passi, si genereranno altri suoni, immagini, reazioni e racconti, tutti intorno allo spettatore. A "reagire" sono un gruppo di persone di una comunità di sordi che con i gesti rivivono le emozioni ora del mondo animale, ora quello vegetale, interpretando un universo meraviglioso e in armonia, tra grandi cervi, voli di farfalle, fiori che sbocciano. Sull'altro pannello, altri uomini e donne "questa volta limitati nella libertà". Sono i detenuti del carcere di Bollate che, ognuno nella propria lingua madre, raccontano il mondo dell'uomo citando le proprie genealogie. Un elenco di nomi a identificare chi siamo, tra genitori, nonni. Uno solo ricorda la figlia. "E' il regno più doloroso - dice la curatrice - perché ci ricorda il peso della memoria, la sofferenza di convivere con la nostra storia e di affrontare il destino e il futuro". "Volevamo dare al pubblico la possibilità di uscire da uno schema - racconta Fabio Cirifino - dall'idea di un'esplosione dal nulla, per farsi raccontare attraverso i gesti la nascita, ad esempio, di un leone. E' anche il recupero di una memoria che ci sta abbandonando". L'opera, prosegue il fotografo, segna "un'apertura da parte dei Musei Vaticani ormai inevitabile. Il digitale fa parte ormai delle nostre vite. Dobbiamo iniziare a confrontarci con questo mondo, che ha bisogno anche di una poetica. E' l'inizio di un percorso artistico dove le nuove tecnologie fanno parte di una visione, di un sogno, di una realtà che riguarda tutti". Sempre dal Padiglione Vaticano della Biennale 2013, nelle sale adiacenti sono visibili anche il wall painting di Lawrence Carroll "Untitled" e le tre opere di Tano Festa ispirate agli affreschi della volta della Cappella Sistina